Coraggioso

Vorrei esserlo stato nell’esprimere i miei sentimenti … e nel vivere una vita fedele ai miei principi e non quella suggerita dagli altri … [seguito di Rimpiangere]

È stato scritto che il coraggio è la forza d’animo che permette di affrontare situazioni difficili mantenendo comunque i principi e i comportamenti educati e civili. Il coraggio è quindi una caratteristica positiva, poiché ci aiuta a prendere decisioni difficili e ci spinge fuori dalla nostra zona comfort.

Ho preso per buona questa definizione, e, facendolo, vi ci ho trovato due approcci distinti e un utile collegamento da attivare.

Nel caso della forza d’animo ci ho visto il riuscire a far fronte ad una delle più importanti emozioni ovvero la paura. Si tratta di non scappare, atteggiamento più comodo, ma di saper gestire il disagio che questa emozione provoca. Essere fermi, affrontare le difficoltà create dal pericolo o dal rischio. È evidente che questa forza va costruita situazione per situazione, momento per momento. Non arriva in automatico. Tale forza va in controtendenza umana, ecco il secondo approccio, in quanto se la valorizziamo, se le permettiamo di usare lo spazio che le serve ci porta ad essere attivi e a non subire le situazioni. Diversamente, ed è profondamente umano,  saremo sempre tentati, di massima, a scappare dai disagi e a rintanarci o, come si dice dalla pandemia, a divanarci. In tal caso anche per qualcosa di diverso che è la paura dello sforzo fisico o mentale.  Talvolta soprattutto immaginari.

Un utile collegamento riguarda il mantenere i principi e i comportamenti educati e civili. Infatti il collegamento che, a mio avviso, va fatto con la suddetta forza d’animo è dato dalla nota assertività, ossia la capacità di farsi valere nell’esporre i propri punti di vista senza essere prevaricati, ma anche nel rispetto dei punti di vista altrui. Ho toccato con mano come spesso portare avanti il proprio punto di vista equivalga assolutamente a svalutare la posizione dell’altro e quindi l’altro stesso. Quasi non ci fossero che due opzioni io vinco e tu perdi e viceversa.

Una giornalista ha scritto che uno dei peggiori mali del nostro tempo è l’incapacità di esprimere i propri sentimenti alle persone. E’ la paura di aprirsi e di essere sinceri e questa paura è dovuta al dolore che può derivare dall’essere autentici, anche se fosse solo imbarazzo. Quante persone non si rivolgono la parola per non essere nell’imbarazzo? Invece da bambini eravamo forse degli alieni perché eravamo sinceri, puri, trasparenti e diretti. Oggi siamo separati gli uni dagli altri perché forse abbiamo perso per strada delle vere e proprie virtù.

Da parte mia ho nostalgia di quelle virtù, e credo di non essere il solo. Senz’altro ho anche io i miei “vorrei …”. Infatti, e ci penso spesso, vorrei avere avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti, il mio sentire, vorrei non aver ceduto alla paura di ricevere dei rifiuti, dei rimproveri, dei giudizi negativi, degli abbandoni. Vorrei non aver ceduto alla paura di dire dei “no”, magari motivandoli, ma dei “no” fermi che, superato l’iniziale imbarazzo o disagio, mi avrebbero fatto sentire realizzato e ovviamente soddisfatto.

Ci sono i “no” che riguardano le richieste di terze persone, ma garantisco che quelli più difficili, alla fine, sono i “no” da dire al mio giudice interiore per fare pace con il bambino.

Se poi guardiamo al diretto rapporto con i principi personali, vediamo quanto sia facile deragliare dai propri riferimenti. Del resto il mondo in cui tutti viviamo è fatto essenzialmente di apparenze e giudizi. Il comune vivere è caratterizzato dalla realizzazione di ciò che qualcuno si aspetta da noi o che pensiamo si aspetti da noi. Quindi diventa facile, con questo stile di vita, rinnegare i propri principi personali, per quanto siano sacrosanti.

Da questa situazione possiamo derivare sicuramente grande dispiacere, in seguito alla consapevolezza di aver compiuto degli errori anche gravi e di aver potuto evitarli inibendone ogni conseguenza.

Ho potuto notare che con il tempo che passa ogni cosa assume un peso diverso. Quello che prima mi pareva prioritario, diventa secondario e ciò che davo per scontato o che sospendevo diventa prioritario o di primaria importanza.

È chiaro, mi sarebbe piaciuto comprenderlo prima …

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Citazione: da https://abitandoladistanza.com/2023/03/21/rimpiangere/

Immagine: Old woman e Legs by Pixabay

Riferimenti nel testo: Coraggio da cescoproject.org e I peggiori mali del nostro secolo by Carmen Laval


Rimpiangere?

La vita è qui da vivere e non da rimpiangere …

Rimpianto ha che fare con il ricordo. Infatti è il ricordo nostalgico e dolente di persone o cose perdute, o di occasioni mancate. Deriva dal verbo rimpiangere che significa rammentare una persona o una cosa con desiderio e nostalgia, ma insieme con la consapevolezza – spesso dolente – di non poterla avere più perché perduta o scomparsa, trascorsa o irrecuperabile. Fin qui le definizioni. Mi capita spesso di sentirne parlare dalle persone che incontro.

Ho però la sensazione che ci sia confusione tra rimpianti e rimorsi. Questi ultimi sono tutt’altro. I rimorsi sono i turbamenti che sgorgano da un errore compiuto nel passato recente o remoto, da qualcosa che si è fatto e che ha portato infelicità o dolore a noi o ad altri. Da qualcosa che si vorrebbe non aver mai fatto. Un’azione che, secondo l’etimologia, ci rimorde, che azzanna la nostra coscienza ogni volta che ci ripassa sopra, una consapevolezza tormentosa. Questo fa distinguere appunto i rimpianti che nascono da ciò che è andato perduto …

Sento anche dire: non voglio avere rimpianti! Desidero vivere senza rimpianti! Ecco, credo sia assai difficile che si realizzi una vita senza rimpianti, e lo stesso senza rimorsi. A chi non capita di perdere qualcuno e qualcosa a cui, tornando indietro, avrebbe voluto aver dedicato più tempo e più cura? E a chi non capita di aver sbagliato e, tornando indietro, non avrebbe averlo fatto? Ci sono domande che ci inseguono e talvolta ci mettono in crisi. Anche nel lungo termine. Credo che i veri rimpianti, quelli che contano veramente, possano presentarsi a noi nei momenti difficili o nei momenti più delicati nella nostra esistenza. Pensiamo a chi è in punto di morte ed è presente (cosciente) alla sua fase esistenziale. Bronnie Ware ne ha scritto in un noto libro in cui descrive i cinque rimpianti più grandi delle persone che stanno morendo. L’autrice ha lavorato come assistente ai malati terminali.

E prendiamo in visione questi “rimpianti”:

  • Vorrei essere stato coraggioso nell’esprimere i miei sentimenti;
  • Vorrei essere rimasto in contatto con gli amici;
  • Vorrei essere stato fedele ai miei principi e meno alle aspettative altrui;
  • Vorrei non essermi dedicato troppo al lavoro;
  • Vorrei essermi dato il permesso di essere felice.

C’é un verbo in comune in tutti i cinque rimpianti: “vorrei” … È un verbo condizionale. Significa che quello che volevo (o voglio) non si è potuto realizzare (non può realizzarsi) perché sono mancate (mancano) delle condizioni personali o contestuali. Ed è questo vorrei che da un lato pone un limite all’apparenza invalicabile, e dall’altro fa esplodere rimpianti, spesso a scoppio ritardato.

Come che sia, prendendo in carico a ritroso i rimpianti suddetti aggiungerò le riflessioni personali nei pezzi di questo blog che seguiranno.

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Citazione: da Frasi di Max Pezzali

Immagine: Train by Pixabay

Riassunto: by Carlo Emilio Gadda

Riferimenti nel testo: definizioni da Treccani.it – Fanpage.it – Meglio.it – Carmen Laval

Riferimenti libro: da Vorrei averlo fatto – I cinque rimpianti più grandi di chi sta per morire di Bronnie Ware – 2012 Ed. MyLife


Le radici

La casa è come un punto di memoria, le tue radici danno la saggezza e proprio questa è forse la risposta e provi un grande senso di dolcezza. E te li senti dentro quei legami, i riti antichi e i miti del passato. E te li senti dentro come mani, ma non comprendi più il significato …

O forse lo immagini e credi di comprenderlo.

Mi ha fatto un certo effetto riprendere in mano una foto come quella evidenziata. E’ una bella foto anche se scattata un po’ di corsa. Soprattutto è stata per me – specialmente di recente – molto importante per la consapevolezza di essere legato a qualcosa e a qualcuno di presente, di passato e, in un certo senso, di futuro.

Ho trovato risposta alla domanda che mi ponevo ogni qualvolta prendevo in mano l’album Radici di Francesco Guccini. Il famoso Lp riporta a tutta copertina la foto di antenati di famiglia. La domanda era “che senso ha questa immagine”? E la risposta era quasi sempre la stessa fino a quando ho intravisto qualcosa di importante anche in coloro che non ho mai incontrato di persona. Già da giovane mi rispondevo che era importante il legame familiare perché era chi direttamente o indirettamente mi aveva aiutato a nascere, a crescere e a diventare una persona adulta. Magari senza tante parole, oppure con esempi, sicuramente con scelte di vita semplici e complicate. Qualcuno finendo la propria vita in giovane età, qualcun altro facendo la propria parte fino a quasi cent’anni. Qualcuno vivendo in serenità nonostante tutto e qualcun altro lottando e soffrendo contro le avversità preponderanti nella sua vita. Chi in solitudine per scelta o disavventura, chi contribuendo ad una famiglia numerosa, chi senza famiglia oppure senza possibilità di generare. Ci sono state anche malattie devastanti oppure meno, ma quello che ricordo è la ricerca non costante ma presente di contatto e dialogo.

Ad un certo punto mi sono reso conto che capivo fino in fondo quel celebre detto: senza radici non si vola. (1)

Sì, ho cominciato a sentire con chiarezza dentro di me che non solo non si poteva fare a meno degli antenati vicini e lontani, ma che ogni singolo aveva a suo modo contribuito anche al mio destino. Con una reciprocità che come minimo interessava tante persone, tutte le persone presenti e non presenti della foto riportata.

L’importanza dell’antenato (nato prima) va assolutamente riscoperta. Non basta una vita per riuscirci, essendo al contempo in campo per essere noi antenati di qualcuno.

E’ una ruota che gira, si potrebbe dire. In realtà sento che è un filo invisibile che ci lega tutti assieme, alcuni più di altri. Ma tutti siamo collegati a quel filo, del quale non conosciamo né l’inizio né dove finisce. Conosciamo solo un tratto, in parte corrispondente al nostro vissuto.

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Citazione: da Radici di Francesco Guccini (brano tratto dall’album Radici EMI 1972)

Immagine: foto parenti del 1962 da archivio storico famiglia Pamato – Marchioro – Faccin – Lionello

Riferimenti testo: (1) Senza radici non si vola di Bert Hellinger – Ed. Crisalide 2001 (libro sulla terapia sistemica)


Io e Sars-Cov-2

Eccomi, anch’io ci sono passato …breve storia semiseria

In realtà ci sono ancora dentro mentre sto scrivendo. Voglio rimanere positivo, ma ovviamente non per il virus.

Ci sono voluti due anni e tre mesi, nonché diverse varianti virali e sottovirali, ma alla fine anche io ci sono caduto dentro. E’ stato fatale allentare le misure di sicurezza, ricercare gli spazi perduti e, gli indizi precisi li ho tutti, non rispettare alcuni canoni di distanziamento tra le persone. E’ fondamentale festeggiare e vivere, ma le cautele sono e, forse saranno sempre, necessarie. Oggi siamo in un mondo strano, in cui anziché cercare di capire come tutelarsi e farlo si preferisce rischiare e dedicarsi ad attaccare i medici definendo farsesca la gestione della pandemia, quando in realtà siamo in tantissimi che parliamo senza sapere spesso di cosa si tratta. Parliamo, parliamo e parliamo, contagiandoci mentalmente oltreché fisicamente. E poi ci lamentiamo e colpevolizziamo … Questo è.

A questo punto voglio precisare, venendo al semiserio, che in questo mondo strano può succedere anche qualcosa di interessante, quando la malattia non vada oltre certi limiti sostenibili, e lo dico perché dobbiamo sempre ricordarci di quante persone – compresi i medici – non ci sono più oppure sono ancora in sofferenza a causa di questa influenza. Precisato questo, sento di narrare con ironia le cose che più mi hanno colpito di questa vicenda divenuta personale.

In effetti non avendola mai sperimentata ho vissuto in prima persona le conseguenze gestibili ma pesanti della malattia che corrispondono a quanto viene raccontato dai media, visto che ormai sono loro le fonti di verità: trattandosi di variante Omicron, che è finora la versione mutata del virus che ha generato più casi a livello globale a causa delle sue sottovarianti, come la più recente Omicron 5 (BA.5), in genere, l’infezione si presenta con naso chiuso e che cola, affaticamento, stanchezza e malessere diffuso, mal di gola, tosse e mal di testa e febbre. Azzeccate quasi tutte a parte il mal di gola e il mal di testa. Questa circostanza non mi dispiace, ma devo aggiungere per completezza che c’é un generale stato di rincoglionimento, uno stato di indolenza generale, in contrasto con un aumento dell’appetito e di una particolare voglia di parlare. Passata la febbre (tre giorni oltre 38 gradi), ho sentito stimoli verso un inedito desiderio di rinnovamento personale. Questa cosa sarà tutta da scoprire e ci lavorerò.

E tornando a bomba, come si dice, visto il malessere ho scritto al mio medico il quale mi ha risposto immediatamente stupendomi perché era un giorno festivo. Ho fatto presente i sintomi e di aver eseguito un tampone fai da te con esito positivo. Il medico mi ha consigliato di rifarlo in farmacia per riceverne conferma ufficiale e di prendere alcuni medicinali. Mi ha detto di ricontattarlo per aggiornarlo, tanto anche lui era in casa in quanto contagiato dal virus. Così ho fatto. Gli ho riscritto spiegandogli tutto. Mi ha risposto: continui la terapia, ma si avvisano gli utenti che per urgenze è meglio contattare il call center. Poverino, lo capisco, è positivo …

In questi giorni ho avuto molti contatti che ho apprezzato: se devo rilevare delle particolarità, cosa che amo fare, c’é di tutto nell’enorme affetto che mi è stato rivolto. Per esempio delle vere e proprie ricette mediche: prendi la tachipirina 1000, prendi tante vitamine di questo tipo, oppure prendi il moment oppure l’aspirina, qualcuno mi ha consigliato zenzero naturale a nastro, qualcuno di bere molta acqua, altri di mangiare molta verdura cotta, c’é chi mi ha vietato di uscire e prendere aria oppure di bere alcolici; e domande a cui non sapevo rispondere con esattezza. Alcuni esempi: “Quanti giorni dopo il contagio hai fatto il tampone?”, “Con che sintomo è partita la malattia?”, “Come fai con la tosse?”, “Quando pensi di fare il tampone di guarigione?”, “Tua moglie è positiva?”, “Riesci comunque a parlare nonostante la tanta tosse?”, Quando torni redivivo?” …

Mi ha colpito molto l’intervista dell’Aulss, da cui “dipendo”, telefonata dolce al femminile e tempestiva il giorno dopo il tampone: “Buongiorno signor Gianni, sono … dell’Aulss 7 …, ieri ha fatto il tampone, oggi come si sente?” … Mi ha fatto piacere, non mi era mai capitato una telefonata sanitaria così semplice ed efficace in decenni neanche dal dottore di famiglia. Che sia merito anche questo del Covid-19? O di Zaia? Credo sia merito del tampone ufficiale …

Alcune persone care mi hanno fatto sentire bene avendo continuato a chattarmi per sapere l’andamento tenuto conto che avevo tosse e avrei fatto fatica a parlare: “Se hai possibilità di parlare, chiamami, io ci sono” – “Se non hai voglia di fare niente coltiva questi spazi di svogliatezza e trova il gusto del non far niente, approfittane …”, “Sei isolato, pensa … nessuno che ti possa disturbare …”, “Voglio solo sapere come stai e non disturbarti oltre …”, “Ciao, come va oggi, va meglio?”, “Pensa solo a riposarti, approfittane”.

Si tratta di “ricette d’amore” che fanno meglio delle medicine. Invece questa cosa che essendo isolato non sarò disturbato mi attira, ma al contempo mi ricorda chi vive male l’esperienza della solitudine e dell’isolamento, come sta succedendo in qualche struttura pubblica per anziani, qui nella mia città in questi giorni. Dunque non posso dire di accettarlo.

L’esperienza centrale è quella che mi sta fecendo riscoprire il valore della “distanza”: esserci nel rispetto dei tempi/spazi miei e altrui. Valore che si può collegare alle necessità di distanziamento fisico.

In effetti il distanziamento fisico in casa è un’altra partita, che avrebbe senso se anticipata rispetto ai sintomi. In pratica abbiamo chiuso la stalla a buoi scappati. Io positivo e Angela negativa, per ora. Dunque lei va tutelata per quanto possibile. Camere separate quindi, dopo decenni di “condivisione”.

Nel 2020 in queste circostanze istruivano: I membri della famiglia devono soggiornare in altre stanze o, se non è possibile, mantenere una distanza di almeno 1 metro dalla persona malata e dormire in un letto diverso. Chi assiste il malato deve indossare una mascherina chirurgica accuratamente posizionata sul viso quando si trova nella stessa stanza.

Appena sospettato si trattasse del virus più citato al mondo, mia moglie ha deciso: teniamo una distanza fisica adeguata ed evitiamo avvicinamenti, inoltre abbiamo questa possibilità, dormiamo in camere separate. Necessario, doveroso, opportuno. Ma ho bisogno di dirlo, la cosa non mi piace.

E’ anche vero che dopo tanti anni forse è giusto dire che me lo potevo aspettare … Ma è soltanto una battuta!

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Immagine: emoticon con mascherina by web

Riferimento medico: da normativa comportamentale per la lotta contro il Covid-19


jardin… mon amour!

Il bello del giardinaggio: le mani nello sporco, la testa baciata dal sole, il cuore vicino alla natura. Coltivare un giardino non significa nutrire solo il corpo, ma anche l’anima.

Non voglio esagerare, ma la citazione sopra dice tutto.

In realtà mi sento di dare una versione più “terra terra”.

… Le mani mai pulite e mai inodori, la testa cotta dal sole estivo, il cuore tutto un battito, il mio essere immerso in un paradiso molto vasto e in certi momenti infinito. Coltivare un giardino è ritrovare la propria essenza … (1)

In ogni caso è un paradiso che riflette la vita, non è tutto bello e tranquillo. Ci sono anche momenti di pesantezza, fatica, nausea, stress. Ci sono però momenti di soddisfazione, di calma, di osservazione, di compenetrazione e sintonia con fauna e flora. E ci sono fasi in cui si ricostruisce quello che si è fatto giorni prima oppure si disfa soltanto. E’ un continuo costruire e ricostruire, piantare e ripiantare. Superata la soglia del “chi me lo fa fare” o del “basta così per oggi”, si riparte ancora, e poi ancora.

Perché ci tengo anch’io ad abbellire, nei limiti delle possibilità, il mio paradiso.

Ed è per questo che la metafora del giardino, piccolo o grande che sia, funziona. Infatti per me è un aggancio, un punto di appoggio, un richiamo.

Fare giardinaggio a casa mia significa fare ordine, spostare le cose fuori posto, togliere le erbacce in quanto superflue o dannose, concimare e irrigare, altrimenti alcune componenti soffrono e potrebbero venire meno.

Questa è una mia visione presente già da qualche anno.

Se in passato mi era diventato prevalentemente un peso, oggi posso dire che rappresenta un buon obiettivo in quanto mi ricorda continuamente l’importanza di ciò che può significare.

Per me il giardino (è uno dei significati della parola paradiso) simboleggia la mia famiglia.

Anch’essa è un giardino che può essere piccolo o grande, ma va in ogni caso curato attentamente perché ci sono sempre intralci (erbacce) e nuovi bisogni (di acqua o elementi nutritivi).

Sono le relazioni, in generale, che vanno alimentate e nutrite, in una parola, curate assiduamente.

Ma le relazioni familiari hanno un valore speciale sia guardando indietro sia nel momento presente.

Un personaggio pubblico importante vissuto in epoca romana (2), disse che se possedete una biblioteca e un giardino, avete tutto ciò che vi serve. Questa visione riflette la mia vita, i miei pensieri e i miei desideri. Lettura e giardinaggio sono per me un terreno comune di grande sfogo e ricarica, di ricerca e rinascita. In particolare leggere, in fondo, non vuol dire altro che creare un piccolo giardino all’interno della nostra memoria. Ogni bel libro porta qualche elemento, un’aiuola, un viale, una panchina sulla quale riposarsi quando si è stanchi. Anno dopo anno, lettura dopo lettura, il giardino si trasforma in parco e, in questo parco, può capitare di trovarci qualcun altro. (3)

Concludo questo pezzo con un altro testo d’autore (4) che mi aiuta a dare rilievo al mio amore per il giardinaggio: … gli uomini si dividono in quelli che costruiscono e quelli che piantano. I costruttori concludono il loro lavoro e, presto o tardi, sono colti dalla noia. Quelli che piantano sono soggetti a piogge o tempeste, ma il giardino non cesserà mai di crescere.

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Citazione: frasi di Alfred Austen

Immagini: garden by Pixabay

Note: (1) da Appunti per un diario durante la pandemia di Gianni Faccin, Ed Gedi 2021 – (2) Detto di Marco Tullio Cicerone – (3) citazione di Susanna Tamaro – (4) frase di Paulo Coelho

Giardino

Amore diverso

… L’amore non dà nulla fuorché se stesso, e non attinge che da se stesso. L’amore non possiede né vorrebbe essere posseduto, poiché l’amore basta all’amore…

Parlando ancora di Amore, c’è una brano di uno dei miei cantautori preferiti che mi ha sempre affascinato e colpito, lasciandomi spesso nell’incanto e nel dubbio.

Non mi è mai capitato di poter riferire parole tanto delicate e vere a diversi amori, ovvero a diverse situazioni relazionali.

Il brano che segue è riportato per intero perché non mi sento di escludere qualcosa.

I versi potrebbero essere rivolti alla compagna, al figlio piccolo, alla madre anziana, all’amico fragile, alla sorella più piccola …

Nel ripeterli lentamente a voce alta mi commuovo ogni volta.

E credo di capire perché …

 
Oh sì ti stringerò e mai niente ti farà del male
Io ti accarezzerò e poi ti cullerò per farti addormentare
E ti canterò canzoni di forti emozioni quando fuori tuona il temporale
E sempre ti sussurrerò quelle dolci parole che so ti fanno stare bene
Sarà un amore diverso grande come l'universo che il tempo non potrà toccare
Farò una casa di carta su un'isola deserta dove il vento verrà a giocare
E una finestra sempre aperta per chi sa volare che da noi possa arrivare a riposare
E ho braccia forti e larghe spalle per poterti meglio abbracciare
E se fa freddo la notte col mio corpo ti potrai scaldare
E dopo ore e ore e ore d'amore sul mio petto ti farò dormire
E sognerai di ballare a tempo col mio cuore e il sole ti verrà a svegliare 
Sarà un amore diverso grande come l'universo che il tempo non potrà toccare
Piccole cose da riscaldare grandi aquiloni da far volare
E sarà sempre un nuovo gioco per tenere acceso il fuoco
Nel lungo tempo da venire piccole pietre da trasportare e da seguire per ritornare
Io ti proteggerò ...

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Citazione: da Parlaci dell’Amore di Kahlil Gibran – Il profeta

Immagini by Pixabay: proteggere e sognare

Versi: brano Amore diverso di Eugenio Finardi da album Nel blu 1983

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Ma l’amore …

… Questo amore bello come il giorno e cattivo come il tempo quando il tempo è cattivo. Questo amore così vero …

...Non è nel cuore
ma è riconoscersi dall'odore
e non puo' esistere l'affetto
senza un minimo di rispetto
e siccome non si può farne senza
devi avere un po' di pazienza
perché l'amore è vivere insieme
l'amore è sì volersi bene
ma l'amore è fatto di gioia
ma anche di noia ...

Già.

Sta nei versi del cantautore, ma mi è ben chiaro, sta nella quotidianità.

Condividere la vita insieme a qualcuno è fatto di tante cose belle e buone, ma ci sono anche aspetti meno belli e graditi. Ci sono infatti inevitabilmente momenti di stanchezza, di disagio, di scoraggiamento e di perdita di entusiasmo e di noia … Sì, proprio di noia.

Per questo ci vogliono forza di volontà, pazienza, calma, fiducia e desiderio.

Il desiderio si contrappone alla noia e alla stanchezza, aiuta la forza e la pazienza, inoltre alimenta la fiducia.

Ma tutto ciò non viene in automatico, serve allenarsi e per andare in palestra come per fare qualsiasi cosa impegnativa occorre volerlo dal profondo.

Poi c’é anche da dire che fare qualcosa di impegnativo in compagnia aiuta, spinge, motiva…

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Citazione: da poesia Questo Amore di Jacques Prévert

Foto by NiFa: Noi a Longa di Schiavon 25 giugno 2021

Immagine by Pixabay: Legame

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Aver cura

Perché sei un essere speciale

Ed io, avrò cura di te

E’ successo anche questa volta, e ci sta . Ci sta che tantissime persone commemorino – ognuno a modo suo – qualcuno che se ne è andato, qualcuno che è stato “insegnante” nel mondo. Nel senso di aver lasciato un segno, e un segno importante. Non solo un segno artistico, di bravura e genio musicali. Ma un segno umano di sacralità.

E’ successo una quantità di volte, di recente con Milva, Bertoli, Dalla, Morricone, Bosso. Più in là con De André. In un lontano passato con Gaber e molti altri.

L’elencazione potrebbe essere difficoltosa.

Certo è che con Franco Battiato se ne è andato un artista che ci ha insegnato moltissimo, correndo costantemente il rischio di non essere compreso. Dicono che una delle sue canzoni più belle e significative sia “La cura”.

Da parte mia lo posso confermare, anche se molti altri brani possono essere richiamati per la loro bellezza, il loro significato e la sensibilità che sanno stimolare.

Credo sia molto interessante ascoltare e riascoltare questo pezzo, ma anche gli altri del suo repertorio, e fare ascolto profondo di quanto emerge in noi stessi in tema di sentimenti, emozioni e ricordi.

C’è nel web un’intervista che vede l’autore spiegare il significato spirituale di “La cura”. Perché, in effetti, questa canzone ci porta alla dimensione più importante di noi umani, la pura spiritualità.

Una spiritualità non distaccata dal terreno, dal concreto, e in particolare dal nostro essere persone in relazione.

Una spiritualità universale che ci riguarda tutti e tutte le creature viventi.

A partire dalle nostre “radici”.

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Citazione: Franco Battiato da “La Cura”

Foto by GiFa 2021 (in occasione 94° compleanno di Annamaria Pamato)


Cintura d’amore

Lontano, eppure così vicino

L’anno scorso, qualche giorno prima di Natale, mia madre ha accusato i sintomi del Covid-19.

E’ stata dura, soprattutto per lei, ma anche per i familiari che si sono trovati, preoccupatissimi, a gestire una situazione temuta, ma anche in ogni modo contrastata, grazie a tante precauzioni ed attenzioni.

Poi è arrivato il contagio. E solo alcuni di noi, pur esposti, sono rimasti esclusi dal malanno.

Mia madre a 93 anni ha affrontato anche questa esperienza e, grazie al cielo, l’ha potuta superare.

Dopo il periodo di isolamento e di cura, questa donna meravigliosa ha ripreso la sua vita fatta di cose semplici ed importanti allo stesso tempo.

Gli acciacchi degli ultimi anni pesano oggi di più, ma lei a dispetto dell’età e dei guai fisici rimane battagliera nel voler essere informata, organizzata, presente nei rapporti con gli altri, puntuale in qualche ricorrenza.

Mantiene il più possibile la casa in ordine, tiene agenda di alcuni impegni e appuntamenti, gestisce la posta in arrivo, legge le riviste preferite che le arrivano in abbonamento.

Si tiene su, è sempre pronta a sorridere. Anche nei momenti difficili è lei a prendere l’iniziativa per incoraggiare, ascoltare, esprimere parole di fiducia.

Ovviamente, ed è ovvio per chi la conosce bene, fa continua manutenzione dei propri pensieri e del proprio credo. Infatti giornalmente mantiene stabili alcuni appuntamenti televisivi con la Messa, la recita del Rosario e quando è possibile con le interviste o gli interventi di Papa Francesco.

Beh in televisione non segue soltanto programmi religiosi, essendo molto interessata ad alcune rubriche di attualità e di temi sociali.

Ci tiene a mantenere i contatti almeno telefonici, talvolta quasi giornalieri, con alcune persone care, le sorelle per esempio, per le quali si sente di essere la “maggiore”.

Posso affermare che è socialmente impegnata, anche se il suo impegno si esprime costantemente con il suo interessarsi, confrontarsi ed essere presente sulle vicende piccole e grandi che ci riguardano tutti.

E anche in questo dà a noi tutti di famiglia una continua testimonianza.

Ma come fa? Come le è nata questa forza?

Posso dire qualcosa soltanto in risposta alla prima domanda.

Oggi sono stato seduto vicino a lei per quasi quattro ore e le ho parlato, ma di più guardata e ascoltata. Posso dire che l’ho ascoltata a lungo. E ho avuto con lei momenti di condivisione e commozione.

La sua forza è misteriosa da una parte perché di primo impatto è tutta naturale, spontanea, diretta e per niente teatrale.

Dall’altra parte, ad ascoltarla bene, mia madre ha in sé un’essenza che è senza dubbio genuina, autentica ed è travolgente in quanto ti trascina facilmente dentro a quella cintura di fuoco che, a suo dire, è alimentata d’amore vero.

E’ un sentire profondo che si stacca da ogni regola o dogma di cui siamo stati a lungo informati. Un sentire alto, raffinato, apparentemente irraggiungibile. Lontano, eppure così vicino.

Oggi lei mi ha raccontato del suo rapporto con Dio e le sue parole semplici mi hanno fatto sentire immerso in quella cintura d’amore come fosse una cosa normalissima.

Fede sì, ma basata sull’amore concreto, ossia attenzione e cura dell’altro, benevolenza, rispetto, tolleranza e benedizione.

Benedizione anche, non ricordo in tanti anni di aver sentito da lei dire male di qualcuno.

Per me è chiaro che è stata ed è questa la sua forza. Quella forza che ha contribuito non poco a condurla fuori dal Covid-19, continuando a vivere con fiducia e speranza, come ha sempre fatto.

E guardando avanti.

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Foto: by Lucia Faccin (nostra madre dopo la recente vaccinazione anti-Covid

Immagine in evidenza: by Pixabay – Cuore di fuoco

Memoria: incontro del 4 aprile 2021

Il sorriso sotto la mascherina!

La fretta dell’anima

Guardandomi allo specchio e cercando un contatto, mi sono trovato a guardarmi dentro e indietro nel tempo.

Mi sono piaciute tante cose che ho potuto evocare. Altre molto meno. Ci sono concentrazioni di pensieri, sensazioni e sentimenti da far scoppiare un recipiente. Il tutto condito con la “fretta”. Non è mai mancata nella mia vita. Eppure la fretta è una dimensione che mi attrae e mi mette a disagio allo stesso tempo.

E’ la fretta con cui ho vissuto e affrontato molte esperienze piccole e grandi. Un po’ sempre di corsa. Ma, sorpresa!

Osservandomi di recente con calma ho trovato che c’é un’altra fretta, quella dell’anima, della mia anima. Ebbene sì, c’é e ho capito che c’è stata sempre.

Forse non è la cosiddetta fretta di cui crediamo di conoscere i significati. E’ la fretta che rappresenta un atteggiamento maturo di chi desidera l’essenziale, l’autentico, l’onesto, il pulito, l’affrancato da ogni sovrastruttura inutile.

Cercando in letteratura ho trovato qualcosa di molto bello che si avvicina a quello che voglio dire. E lo riporto qui di seguito. Ha un titolo: “La mia anima ha fretta”. Mi piacciono questi versi, anche se in realtà ci sarebbero molte precisazioni da fare. Specialmente con riguardo all’attenzione all’altro, sensibile o meno.

Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere da ora in avanti, rispetto a quanto ho vissuto finora…
Mi sento come quel bimbo cui regalano un pacchetto di dolci: i primi li mangia con piacere, ma quando si accorge che gliene rimangono pochi, comincia a gustarli intensamente.
Non ho più tempo per riunioni interminabili, in cui si discutono statuti, leggi, procedimenti e regolamenti interni, sapendo che alla fine non si concluderà nulla.
Non ho più tempo per sopportare persone assurde che, oltre che per l’età anagrafica, non sono cresciute per nessun altro aspetto.
Non ho più tempo, da perdere per sciocchezze. 
Non voglio partecipare a riunioni in cui sfilano solo “Ego” gonfiati. Ora non sopporto i manipolatori, gli arrivisti, né gli approfittatori.
Mi disturbano gli invidiosi, che cercano di discreditare i più capaci, per appropriarsi del loro talento e dei loro risultati.
Detesto, se ne sono testimone, gli effetti che genera la lotta per un incarico importante.
Le persone non discutono sui contenuti, ma solo sui titoli…
Ho poco tempo per discutere di beni materiali o posizioni sociali.
Amo l’essenziale, perché la mia anima ora ha fretta…
Non ho più molti dolci nel pacchetto…
Adesso, così solo, voglio vivere tra gli esseri umani, molto sensibili.

Nota a margine – Questi versi, antichi, di certo scritti prima del 1945, rappresentano un programma di vita. E’ un programma che desidero cercare di mettere in pratica, perché il tempo non è illimitato per poter essere sprecato e inoltre nulla è più demotivante di farlo con persone che non sono disposte almeno a relazionarsi. Questa poesia parla di rispetto, per se stessi e per gli altri. Una poesia che diviene il mio progetto, oggi e da domani in avanti.


Citazione e testo by Gianni Faccin

Foto by Angela Canale (Sulla spiaggia a Senigallia settembre 2018)

Versi by Mario de Andrade (da “La mia anima ha fretta”)

Nota bene: Mario de Andrade è stato definito il poeta del tempo prezioso, poeta, musicologo, critico letterario e narratore brasiliano, ritenuto uno dei fondatori del modernismo brasiliano. (Nato a San Paolo, 9 ottobre 1893  e mancato in San Paolo, 25 febbraio 1945) fu grande amico di Ungaretti, del quale certamente avrà condiviso l’amore per l’essenziale. Questa particolare poesia può essere un ottimale spunto di riflessione interiore per riacquisire il bando della matassa nella propria esistenza. Fonte da ufficistampanazionali.it/