agauos

Metti cinghie di cenere al ventre dei monti
e denti formidabili alle gole dei monti.
Polipo pietrificato.

Quando passammo le ferie presso l’Isola d’Elba, molti anni addietro, al ritorno portammo con noi alcuni germogli di agave, pensando di non fare una cosa brutta e di coltivarli da noi, in Veneto. Pensavamo che non saremmo tornati sull’isola di lì a poco. Invece poi tornammo ancora, non si poteva non farlo. La piccola isola, vicina alla terraferma toscana è ancor oggi un piccolo gioiello naturale di storia e bellezze naturali.

Noi avevamo base a Capoliveri, in un’area attrezzata ampia, ordinata, tranquilla, immersa nella natura selvaggia vicino a due spiagge altrettanto selvagge e uniche per bellezza delle acque e dell’immediato entroterra che appariva poco stabile e tenuto in piedi da un’imponenti vegetazioni e tra queste grandi agavi che sembravano mettersi in mostra spiovendo verso la stretta fascia di terra che le separava dal mare. Era un paesaggio complicato che ricordava le coste liguri e a tratti quelle del Conero.

Forse fu in quella circostanza, ma anche nell’accorgersi che dove abitavamo eravamo circondati da queste piante, forse fu rendersi conto che tutta l’isola, compresa la zona mineraria di Monte Capanna, ne era diffusamente arredata, che ci sentimmo attratti, io soprattutto, dalle agavi.

L’Elba è stupenda. Lo è anche per quanto detto. Spero ci torneremo prossimamente.

In ogni caso i pochi minuscoli germogli in tutti questi anni si sono dati da fare.

I nostri vicini e alcuni parenti sono stati coinvolti nella coltivazione e oggi si vedono alcune belle agavi cresciute vicino all’entrata delle loro case.

Ciò che stupisce è che, da noi, le piante si sono generosamente replicate e oggi abbiamo nel nostro giardino, al netto di quelle donate, ben 16 agavi di varia grandezza.

Oltre a tagliare l’erba con cognizione di causa, come ho raccontato qualche tempo fa, amo fare un giardinaggio particolare. Amo per esempio replicare le piante. Non tutte, soltanto alcune. Tra queste amo replicare le agavi.

Recentemente ho osservato a lungo alcune di esse. Mi è piaciuto coglierne i particolari, la loro crescita lenta e le lunghe foglie carnose.

A parte le caratteristiche e le varie tipologie, ci si potrebbe fare un trattato, ho scoperto (1) che Il nome agave deriva dal greco “agauos” che significa meraviglioso; aggettivo che pare sia stato attribuito a un gruppo di piante dagli Spagnoli al momento del loro sbarco sul suolo americano al tempo di Cristoforo Colombo. Questa interessante pianta fu portata in Europa intorno al Seicento e sulle coste del nostro continente essa ha trovato clima e terreno così favorevoli da acclimatarsi con la massima facilità.  Non contento ho cercato se esiste una simbologia, e qui ho trovato degli spunti interessanti che possono lasciare sorpresi e colpiti. Infatti se da un lato la pianta è simbolo di “sicurezza” provata o desiderata, essa rappresenta anche un forte monito a vivere appieno la propria vita. Ecco come viene spiegata la simbologia in un sito specializzato (2): Nel linguaggio dei fiori e delle piante il fusto contenete i fiori dell’agave simboleggia la sicurezza, regalare una pianta di agave ad un amico significa che si considera il sentimento di amicizia sicuro e fermo, desiderio di un’amicizia eterna. Il significato di eternità e sicurezza prese vita nel corso dell’800 e fu legato al fatto che questa pianta, data la sua maestosità, non porta alla mente nessuna immagine di distruzione o morte. L’agave ha, però, un altro significato, dovuto alla particolarità di fiorire una sola volta prima di morire, rappresenta infatti un amore talmente grande che può arrivare alla  distruzione.

Ma non è tutto. Ci sono molti componimenti dedicati a questa pianta. E autorevoli. Oltre a Lorca, anche Montale e Primo Levi hanno composto dei versi (3). Nel primo caso il poeta soffre il suo “essere fermo e arroccato”, pur aggrappato su una roccia, temendo il fuggire della vita. Nel secondo caso, pur protetto l’uomo si sente al sicuro ma sente comunque di essere predestinato, e questa cosa gli è di difficilissima comprensione.

Beh, cara agave, c’è di che meditare …

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Citazione: da Agave di Federico Garcia Lorca (da Poema del cante jondo)

Immagini: agavi by Pixabay

Note: (1) dal sito https://www.inseparabile.com/ – (2) dal sito https://ilgiardinodeltempo.altervista.org/ – (3) riferimento a L’agave sullo scoglio di Eugenio Montale (da Ossi di Seppia) e a Agave di Primo Levi (da Ad ora incerta)

Agave

Iesus

‘Ιησοῦς Χριστός

Presto saremo in vista dell’estate che speriamo sarà più vicina alla normalità di quella della scorso anno, chiaro ricordo per un periodo di sfogo verso la libertà pur sapendo tutti che non sarebbe durata.

Quest’anno veniamo da una diversa situazione: siamo in attesa di essere vaccinati o in corso di vaccinazione, ma siamo anche in attesa ci siano i vaccini migliori, e che i vaccini arrivino in quantità adeguata. Siamo in attesa, come lo eravamo da almeno sei mesi…

In questo maggio, qualcosa è già successo di buono, ma ci stiamo portando dietro il fardello di oltre un anno di pensieri negativi, di illusioni e speranze tradite. Abbiamo collettivamente sulla schiena il peso di un evento tragico che ci ha colto tutti alla sprovvista. Non è assolutamente un’epoca favorevole, alla faccia delle famose consolazioni del tipo “andrà tutto bene”.

E oggi, che va anche decisamente meglio, manteniamo le cautele, le attenzioni, osserviamo le norme, curiamo la distanza…

Questa situazione mi ricorda l’attesa raccontata dalle nostre nonne, che la guerra finisca, che passi la spagnola, che torni il familiare disperso, che si possa riabbracciare il fratello emigrato in America, che riaprano le fabbriche. Attesa che fa a pugni con quei periodi a cui siamo tutti abituati, per consuetudine, adesione religiosa o per puri aspetti commerciali in occasione del Natale o della Pasqua cristiana,

C’è l’Avvento nel primo caso e la Quaresima nel secondo. Sono periodi di “preparazione e attesa”. L’Avvento è il periodo dell’anno liturgico che lo inaugura e che prepara al Natale, alla stessa maniera in cui la Quaresima prepara alla Pasqua. E sappiamo bene come, specialmente a dicembre, più ci si avvicina alla festività più i giorni diventano “magici”. Meno a Pasqua, forse perché non ci sono molte tradizioni tipiche come quelle che anticipano il nostro 25 dicembre. Eppure credo sia la Pasqua ad essere veramente il momento cruciale per chi crede. Lasciamo stare il marketing od altri aspetti.

Mi sorprende sempre in queste occasioni, come ci sia una corsa agli auguri reciproci. E’ una cosa piacevole, importante, ma poi finisce tutto lì?

Per me è prevalente l’occasione di incontro e di relazione verso parenti, amici, collaboratori e chiunque si incontri. Ma è pur vero che mi sconvolge la rapidità con cui si passa dagli auguri sentiti, autentici, mirati, benevoli, speciali perché unici momenti di contatto, alla consueta routine, quasi che quei contatti augurali fossero stati un miraggio o, peggio, una formalità.

Mi sono chiesto spesso il senso di tutto ciò. Ma in realtà la domanda vera che poi mi arriva, specialmente negli ultimi anni, a cui cerco anche di rispondere, riguarda il protagonista di questa storia bimillenaria, colui al quale dobbiamo il messaggio per cui facciamo gli auguri, perfino in maniera generalizzata o massiva sui social.

Infatti se ci facciamo gli auguri di Buon Natale e poi di Buona Pasqua, o ci piace raccontarcela e far parte di un teatrino oppure c’é sotto qualcosa, e non dev’essere qualcosa da poco.

E’ Iesu. E’ lui l’artefice, il protagonista, e pare che sia così dall’inizio di tutto, con i dovuti adattamenti storici tramandatici nei secoli.

Torniamo alla mia domanda, o meglio alle mie domande che sono quelle che mi premono.

Quale è la grande novità che ci ha portato Iesu? Come può essere rapportata nel 2021? Cosa c’é di innovativo nel suo messaggio che mi possa veramente far risorgere come essere umano? Che dimensione si può dare alla cosiddetta resurrezione?

Ho trovato uno spunto iniziale ed interessante in un testo di meditazione che riporto integralmente: “Qual è l’innovazione portata da Gesù Cristo? La prima comunità cristiana, quei cristiani che hanno frequentato Gesù di Nazareth, hanno scoperto e sperimentato una verità inaudita, nel senso originario del termine, cioè “mai udita prima”: non che sarebbero risorti dai morti, ma che è possibile vivere da risorti”.

Ecco, fuor di ogni ragionamento teologico, mi aiuta molto questa scoperta, senza con questo abbandonare il significato umano e cristiano della morte. E’ assolutamente innovativo, oggi, nel 2021, impegnare la propria esistenza per vivere da risorti.

Giorno per giorno.

Infatti si tratta, se lo vogliamo, di ritrovare il soffio, qui adesso. E non occasionalmente, quasi fosse materia di alcuni appuntamenti fissi di calendario.

Lo dice bene il priore di Bose: “Siamo abituati a pensare la resurrezione come evento che segue alla morte, ben più che come esperienza qui e ora, e a pensarla come evento individuale, personale, non comunitario. Ma la fede nella resurrezione di Gesù chiede un inveramento (*) nella comunità: va riscoperta la sua dimensione comunitaria, la resurrezione di un gruppo di discepoli, dunque la resurrezione come vissuto qui e ora“.

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Citazione: Gesù Cristo da Greco antico

Fonti:

Immagine in evidenza: Pixabay – Ritrovarsi

Note: (*) diventare realtà concreta

Immagine Pixabay: uomo nuovo e mondo reale

Cuore d’oro

Dell’Amore

Dell’Amore che hai ricevuto ti sei nutrito e sei cresciuto.

A molti Altri l’hai voluto donare e molti fiori hai visto spuntare. Se i tuoi spazi ti prenderai gli Altri sempre meglio aiuterai.

Oggi voglio vivere…
Voglio dare…
Sono stato e sono un cercatore, una persona in ricerca del cuore d’oro.
Questo mi è stato difficile esprimerlo e trasmetterlo.
Ma è così.
E il tempo passa, gli anni volano.
E sono in ricerca del cuore d’oro…

Ho fatto tante esperienze, non sempre belle, ma sempre utili.
Non solo per me.
Per cercare un cuore d’oro ho fatto tanti chilometri, ho attraversato vite e ho incontrato sofferenze.
Ho sofferto e fatto soffrire.
Ho abitato nella mia mente, e nel mio cuore che mi fa cercare il cuore d’oro. 
E sono in ricerca del cuore d’oro…                                                                                                                                                                     

Oggi voglio vivere…
Voglio dare…                                                                                                                                                                      Ho cercato e cerco ancora.
Ma ho trovato il cuore d’oro. 

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Testo by Gianni Faccin, versi liberi ispirati liberamente a Heart of Gold di Neil Young nella versione del mio preferito Johnny Cash

Citazione: versi by Annamaria Sudiero – 2020

Foto by GiFa – Mandàla di Gianni Faccin nella creazione di Annamaria Sudiero, artista e Amica