Le cause dell’indifferenza sono molto diverse e non è possibile arrivare ad una definizione uguale per tutti.
In realtà ogni atteggiamento indifferente degli umani può avere in comune l’inibizione delle emozioni.
Tali circostanze non adrebbero giudicate, ma ogni volta osservate, ascoltate, accolte.
Tra le più note ci sono, secondo approfonditi studi, la necessità di difendere se stessi verso un coinvolgimento emotivo eccessivo e magari difficile da accettare e sostenere, altre volte vi è un reale calo dell’attenzione verso l’altro, non espresso, che sfocia nella freddezza al fine di mostrare il distacco, o ancora può esserci una necessità di trovare un proprio spazio e creare una distanza dall’altro.
Ci sono poi tanti casi in cui vi è maggiore complessità derivante da un desiderio di arrecare danno all’altro e sofferenza. Per ritorsione …
In ogni caso scoprire la causa dell’indifferenza permette a chi ne è destinatario di comprendere meglio ciò che sta alla base e ridurre il senso di colpa e di disagio.
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Citazione e testo:spunti da Psicologia dell’indifferenza – Crescita personale
Mentre vivi il tempo adulto … non dimenticare mail il tempo del primo amore, quando il tuo cuore udì parole diverse ed eterne, gli occhi videro un altro sguardo. Perché non è bugia, è solo lontano.
Mi è capitato spesso di pensare agli anni della giovinezza con un certo stupore mischiato a curiosità. Come mi è capitato recentemente nel prendere in mano un vecchio portachiavi d’argento. Un ricordo importante che mi ha riportato ai miei 19 anni.
Distanza non distanza.
Era d’estate, di quelle normali, caldo, ma non devastante. I vestiti un po’ bagnati di sudore, ma non per il caldo. Il motivo era ben altro. Era il giorno del mio compleanno e un gruppo di amici mi festeggiava con ardore e grande affetto, seppur con un certo rispetto, perché conoscevano la mia timidezza ben visibile, ben evidente. E io sapevo di questa loro cautela come sapevo che li amavo e che mi amavano.
Il mio sudare dipendeva dalle emozioni che provavo e che son felice di aver provato e un po’ riconosciuto.
Oggi dire 1976, l’anno in questione, è un po’ come quando in quei tempi si diceva 2023, un anno che sapeva di universale, lontanissino, di altri pianeti, di esplorazioni spaziali. Insomma dire oggi 1976 mi pare di essere un pochino fuori dal mondo. Eppure è lì, per quanto lontano.
Se ripenso a quell’anno, ai miei 19, e riprendo in mano il vecchio, ma ancora lucido, portachiavi rivedo anche uno sguardo dolce, attento, uno sguardo tenero e al contempo di attesa. E’ da quello sguardo e dagli sguardi che precedettero quel momento e che inevitabilmente lo seguirono, che oggi posso dire di vivere un tempo adulto sì, ma un tempo che pur lontano è vicino. Indimenticabile. Irripetibile. Uno sguardo che tuttavia si ripete da oltre quattro decenni. Uno sguardo attualissimo partito da lontano. Uno sguardo autentico che attira gli occhi e al contempo il cuore all’unisono.
E’ il tempo dell’amore, che veramente non ha età.
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Citazione: da La comunità fragile di Luigino Bruni – Città nuova ed. 2022
Immagine in evidenza: Sguardo misterioso al sole by GiFa 2022
La casa è come un punto di memoria, le tue radici danno la saggezza e proprio questa è forse la risposta e provi un grande senso di dolcezza. E te li senti dentro quei legami, i riti antichi e i miti del passato. E te li senti dentro come mani, ma non comprendi più il significato …
O forse lo immagini e credi di comprenderlo.
Mi ha fatto un certo effetto riprendere in mano una foto come quella evidenziata. E’ una bella foto anche se scattata un po’ di corsa. Soprattutto è stata per me – specialmente di recente – molto importante per la consapevolezza di essere legato a qualcosa e a qualcuno di presente, di passato e, in un certo senso, di futuro.
Ho trovato risposta alla domanda che mi ponevo ogni qualvolta prendevo in mano l’album Radici di Francesco Guccini. Il famoso Lp riporta a tutta copertina la foto di antenati di famiglia. La domanda era “che senso ha questa immagine”? E la risposta era quasi sempre la stessa fino a quando ho intravisto qualcosa di importante anche in coloro che non ho mai incontrato di persona. Già da giovane mi rispondevo che era importante il legame familiare perché era chi direttamente o indirettamente mi aveva aiutato a nascere, a crescere e a diventare una persona adulta. Magari senza tante parole, oppure con esempi, sicuramente con scelte di vita semplici e complicate. Qualcuno finendo la propria vita in giovane età, qualcun altro facendo la propria parte fino a quasi cent’anni. Qualcuno vivendo in serenità nonostante tutto e qualcun altro lottando e soffrendo contro le avversità preponderanti nella sua vita. Chi in solitudine per scelta o disavventura, chi contribuendo ad una famiglia numerosa, chi senza famiglia oppure senza possibilità di generare. Ci sono state anche malattie devastanti oppure meno, ma quello che ricordo è la ricerca non costante ma presente di contatto e dialogo.
Ad un certo punto mi sono reso conto che capivo fino in fondo quel celebre detto: senza radici non si vola. (1)
Sì, ho cominciato a sentire con chiarezza dentro di me che non solo non si poteva fare a meno degli antenati vicini e lontani, ma che ogni singolo aveva a suo modo contribuito anche al mio destino. Con una reciprocità che come minimo interessava tante persone, tutte le persone presenti e non presenti della foto riportata.
L’importanza dell’antenato (nato prima) va assolutamente riscoperta. Non basta una vita per riuscirci, essendo al contempo in campo per essere noi antenati di qualcuno.
E’ una ruota che gira, si potrebbe dire. In realtà sento che è un filo invisibile che ci lega tutti assieme, alcuni più di altri. Ma tutti siamo collegati a quel filo, del quale non conosciamo né l’inizio né dove finisce. Conosciamo solo un tratto, in parte corrispondente al nostro vissuto.
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Citazione: da Radici di Francesco Guccini (brano tratto dall’album Radici EMI 1972)
Immagine: foto parenti del 1962 da archivio storico famiglia Pamato – Marchioro – Faccin – Lionello
Riferimenti testo: (1) Senza radici non si vola di Bert Hellinger – Ed. Crisalide 2001 (libro sulla terapia sistemica)
Considero che l’uomo, in quanto essere animale razionale, maschio o femmina, abbia molte più possibilità di un animale qualsiasi, cane o gatto che sia.
Pare una cosa ovvia , ma non è proprio così.
Sono indifferenti gli animali? Non è agevole rispondere. Anche se coloro che hanno cani o gatti difficilmente hanno dubbi al riguardo. Infatti con gli animali si possono instaurare rapporti del tutto speciali, non di indifferenza. Di certo, da sempre, sono gli esseri umani che sono molto bravi a fare gli indifferenti.
Considero però “indifferenza”, una parola che, come tante altre, penso sia assai manipolata.
Se guardiamo al suo significato etimologico scopriamo un senso diverso da quello che tutti siamo normalmente portati a dare. E se guardiamo invece alle definizioni più o meno titolate che nei secoli più recenti sono state date alla parola, scopriamo generalmente e trasversamente, dal punto di vista ideologico o ideale, una importante e comune connotazione negativa.
Riporto alcune definizioni rilevanti, a quest’ultimo riguardo. Jack Kerouac: Se la moderazione è una colpa, allora l’indifferenza è un crimine. Piero Gobetti: Non può essere morale chi è indifferente. L’onestà consiste nell’avere idee e crederci e farne centro e scopo di se stessi. George Bernard Shaw: Il peggior peccato contro i nostri simili non è l’odio ma l’indifferenza: questa è l’essenza della mancanza di umanità. Kahlil Gibran: Il desiderio è metà della vita; l’indifferenza è già metà della morte. Oscar Wilde: L’indifferenza è la vendetta che il mondo si prende sui mediocri. Anton Cechov: L’indifferenza è la paralisi dell’anima, è una morte prematura. Ezra Pound: Gli indifferenti non hanno mai fatto la storia, non hanno mai neanche capito la storia. Antonio Gramsci: Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Peter Marshall: Un mondo differente non può essere costruito da persone indifferenti.
Considero più aderenti ad una visione positiva descrizioni come le seguenti. Papa Francesco: Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Leonardo Livati: Il trucco è immedesimarsi nell’indifferenza per scrutare il mondo con occhi imparziali. Attenzione: immedesimarsi, non essere indifferenti che sarebbe il peggior peccato di cui macchiarsi. John Hughes Holmes: L’universo non è né ostile né amichevole. È semplicemente indifferente.
E’ evidente come la parola in questione sia diversamente utile, a seconda del pensiero che si è voluto trasmettere. Indifferenza può essere declinata in molti altri modi che vanno oltre le connotazioni positivo-negativo.
Si potrebbe poi, come per altre parole, affidarsi ad interpretazioni specifiche: religione, psicologia, filosofia, economia. Di certo è facile constatare come sia l’uso comune a favorire la definizione che va per la maggiore. Secondo quanto comunemente si pensa e si dice, spesso con tono di biasimo, l’indifferenza è condizione e comportamento di chi, in determinate circostanze o per abitudine, non mostra interessamento, simpatia, partecipazione affettiva, turbamento e simili (E. Treccani). Nell’ascetica, è lo stato, necessario al conseguimento della vita perfetta, in cui si rinuncia a ogni scelta finché non si conosca la volontà divina per uniformarsi completamente ad essa, e, secondo la filosofia, è lo stato tranquillo dell’animo che, di fronte a un oggetto, non prova per esso desiderio né repulsione; o che, di fronte all’esigenza di una decisione volontaria, non propende più per l’uno che per l’altro termine di un’alternativa (E. Treccani). Un po’ come avviene in economia quando si parla di scelte d’investimento che – pur diverse – comportino lo stesso risultato essendo di fatto perfettamente sostituibili tra loro.
Per finire, sono convinto che sia sempre una questione di scelta. E’ sempre così in tutte le situazioni che abbiamo modo di incrociare. Spesso diamo più importanza a questioni facili e che ci è comodo governare, mentre riusciamo a relativizzare ogni altra questione che ci faccia correre il rischio di sentirci a disagio o semplicemente ci metta in condizione di prendere posizione e di manifestere il nostro pensiero. In tal caso è agevole giocare la carta dell’indifferenza.
Un cambio di rotta è possibile agendo da un altro punto di vista: cercare sempre di fare la differenza.
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Citazione: Credo negli esseri umani – Marco Masini
Gli animali hanno un’anima? Ora se lo chiede anche la Chiesa …
Mi chiedo sempre più spesso perché riusciamo ad essere con gli animali, con alcuni più che con altri, nel modo in cui vorremmo o dovremmo essere con i nostri simili. Spesso non riusciamo a pazientare, accettare o andare oltre con esseri umani, persone vicine a noi, magari del nostro ambito di prossimità. Facciamo fatica non solo a scambiare tenerezza ma anche a cercarci, dialogare, confrontarci, interrogarci, rispettarci.
Con gli animali, quelli che non parlano, che ci sono fedeli, che ci chiedono attenzioni, che ci sembra ci vengano dietro, quando in realtà fanno la loro vita, talvolta costretti nelle nostre regole, siamo empatici, disponibili, estremamente generosi. Molto pazienti.
Vedo spesso scene di teneri rapporti uomo-animale, di stupore per come cani, gatti, uccelli e non solo, reagiscono alle nostre attenzioni.
Pare ci sia da stupirsi.
Certo siamo di fronte alla bellezza del creato, non vi è alcun dubbio. Ma è solo questo?
C’è chi mi ha spiegato che c’è grande sintonia tra uomo e animale perché anche gli animali hanno un’anima.
Altri mi hanno raccontato che animale e uomo fanno insierme un binomio inscindibile, sono fatti per integrarsi, per essere insieme.
Altri ancora mi ripetono che dovremmo imparare dagli animali …
Sono d’accordo. Dico però che un conto è il cosiddetto regno animale e un conto è il sistema umano. Ho la sensazione che spesso facciamo un po’ di confusione e tanta strumentalizzazione.
Da parte mia trovo bello ed importante avere rispetto e ammirazione per le specie animali. E’ importante creare dei validi rapporti con gli animali, e penso che anche loro ne abbiano bisogno. Credo però sia molto più importante imparare ad aver rispetto e attenzione adeguata verso tutte le persone che ci circondano. Gli umani.
Ho capito di recente di avere un’attrazione speciale verso i gatti, tutti i gatti. Me ne ritrovo da anni esemplari sempre nuovi fuori casa. Sono visite “easy”che ricevo come succederà a tantissime persone. L’attrazione mi deriva da quello che il gatto rappresenta: esso racchiude in sé il lato istintivo della natura, è un animale libero e indipendente. Perciò è un essere privilegiato per il suo lato criptico e segreto. Lo compresero gli Egizi che fecero del gatto una divinità … Il gatto conosce istintivamente i segreti del benessere e dell’armonia, infatti i monaci zen lo ritenevano capace di “mostrare la Via”. Gran parte delle sue eccezionali qualità dipendono dai sensi. Un udito super fino, un olfatto prodigioso, una vista che funziona anche al buio, sono “strumenti” talmente sofisticati da permettere a questo felino di “vedere” una realtà molto più ampia di quella che è alla nostra portata … (1) A parte quanto detto dai “testi esperti”, mi attira ed affascina proprio il porsi del gatto: libero e distante, non lontano, alla giusta distanza, momento per momento. Come ho sempre desiderato e voglio essere io.
Quello che se ne ricava è un esempio, un simbolo. Noi non possiamo essere come i gatti o certi altri animali, non abbiamo le loro spiccate capacità. Ne abbiamo altre che ci fanno diversi e ci contraddistinguono, che ci fanno esseri superiori agli animali.
Si tratta di metterle in campo, possibilmente per replicare le buone relazioni che già abbiamo con molti nostri animali compagni di vità. Come gli animali anche noi abbiamo un’anima, e, diversamente da loro, cani o gatti che siano, possiamo esserne consapevoli.
E’ poi interessante come certi animali ci possano essere d’esempio, offrendo alla luce del sole e gratuitamente modalità comunicative o relazionali che molti umani non sanno neanche da dove arrivino. Di recente ho potuto fotografare delle situazioni che sono a dir poco “educative”. (2) Infatti ci sono tra gli incosapevoli animali approcci del tutto “costruttivi ed efficaci” che come specie umana abbiamo deciso da tempo di accantonare.
Quando la notte è arrivata e la terra è ricoperta dall’oscurità e la luna è l’unica luce che possiamo vedere no, io non avrò paura, io non avrò paura fino a quando tu sei, sei accanto a me.
Se il cielo che guardiamo sopra di noi dovesse precipitare e cadere oppure le montagne dovessero rotolare nel mare io non piangerò, non piangerò no io non verserò una lacrima fino a quando tu rimani, rimani accanto a me.
… Ci sono momenti nella vita in cui proviamo sensazioni dentro di noi che non riusciamo a tradurre in parole e ad esprimere facilmente. A ritrasmettere. E’ questione di attimi…
Poi le riviviamo nell’ascolto di una melodia o nel fare nostro un testo di una canzone incrociata casualmente. Magari di una canzone sentita spesso, ma sulla quale non ci siamo mai soffermati a pensare. Salvo cantarellarla distrattamente, senza conoscerne il profondo significato.
Quello sopra riportato è un esempio in cui, oltre 60 anni fa, veniva valorizzato l’amore vissuto nella sua forma più semplice e al tempo stesso autentica.
Stare insieme, condividere e aiutarsi specialmente nei momenti difficili, che è normale ci siano nella vita di ognuno di noi.
Non è normale che non riusciamo a cogliere questa grande opportunità di “essere insieme”.
Non è questo un ingrediente fondamentale del cosiddetto Amore?
Amore che si può declinare nelle parole “accanto” e “stammi vicino”, e che, per me, non sono solamente richiami alla vita sentimentale o di amicizia, ma rappresentano anche una forte ispirazione alla vita di comunità.
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Brano: traduzione da Stand by me, testo interpretato da Ben E. King (1961) scritto da Ben E. King, Jerry Leiber e Mike Stoller
“L’unica strada per la serenità: fai il tuo lavoro, e poi fai un passo indietro”.
Rimanendo sul grande autore e filosofo cinese sopraccitato, possiamo arguire come anche con obiettivi di rilievo o molto impegnativi si possa raggiungere o mantenere la serenità. Dice: “Colui che conosce il proprio obiettivo, si sente forte: questa forza lo rende sereno; questa serenità assicura la pace interiore; solo la pace interiore consente la riflessione profonda; la riflessione profonda è il punto di partenza di ogni successo”. Se ne ricava, tra le altre cose, che la serenità è il vero fine e nel contempo un obiettivo intermedio, che si autoalimenta.
In ogni caso serenità è una delle parole “pesanti” di significato che mi sono sentito rivolgere più spesso anche recentemente tra Natale e i primi giorni dell’anno nuovo. Sono sincero, le gradisco sempre e sempre le ho gradite. Io stesso ho augurato spesso serenità.
Ma da un po’ di tempo mi chiedo: che cosa sto augurando? Che cosa mi stanno augurando?
Che significa “serenità”?
Ho deciso di approfondire, perché ogni parola già di proprio ha un valore e un senso. Se poi viene rivolta ad altri e viene donata, le interpretazioni si moltiplicano.
Piradello scrisse: “Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sé, sono vuote? Vuote, caro mio. E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele; e io nell’accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio. Abbiamo creduto d’intenderci; non ci siamo intesi affatto”.
Tornando agli “auguri”, c’è da dire dunque che chi augura serenità ne dà senz’altro una sua versione, in genere inconscia, lo stesso chi la riceve per poi tradurla in base ai propri modi d’intendere e sentire.
Quindi risalendo al vero significato della parola si taglia ogni distorsione, almeno così dovrebbe essere.
Nel web la libera enciclopedia dice che serenità è il termine con cui si descrive la condizione emotiva individuale caratterizzata da tranquillità e calma non solo apparenti, ma talmente profonde da non essere soggette, nell’immediato, a trasformazioni di umore, ad eccitazioni o perturbazioni tali da modificare significativamente questo stato di pace. La serenità è una componente rilevante nel costituire il benessere emotivo dell’uomo; secondo alcune teorie essa è talmente rilevante da costituire una condizione necessaria e sufficiente per la felicità dell’essere umano.
Molti autori del lontano passato hanno affrontato il tema della serenità. Fra questi ho da poco tempo iniziato ad amare, più di altri, Seneca.
Per il grande filosofo la serenità è uno stato da raggiungere tramite il distacco dalle preoccupazioni terrene. In un passo delle sue opere dice: “Per questo è necessario mirare alla libertà. E c’è una sola maniera per averla: l’indifferenza verso il destino. Così nascerà quel bene incommensurabile, la pace di una mente sicura e l’altezza morale e una gioia immensa e imperturbabile che viene dalla conoscenza della verità e dall’assenza di paure e una grande serenità”.
Libertà, forse felicità, di sicuro distacco e indifferenza, parole molto usate ma che vanno meglio esplorate, magari in altre occasioni.
Tornando alla serenità, leggendo meglio tra gli scritti filosofici del grande autore troviamo molti utili spunti per inquadrare la serenità.
Sarebbe importante per la persona “guardare per prima cosa a se stessa, agli impegni che si accinge ad assumere e alle persone con le quali vengono intrapresi”. E’ evidente come tali indicazioni, dettate nel 400 a.C. circa siano di una estrema attualità, più di 2000 anni dopo. E ci risiamo: serve che partiamo innanzitutto da una “valutazione di noi stessi, perché spesso ci sembra di potere più di quanto effettivamente possiamo…”. Dovremmo “valutare bene anche le attività da intraprendere al fine di confrontare le nostre forze con ciò che abbiamo in animo” di cominciare. E qui arriva il colpo decisivo: “… certi impegni poi non sono tanto grandi quanto fecondi e comportano molti altri impegni; sarebbero da rifuggire queste attività dalle quali nascerà una nuova e molteplice occupazione, e non ci si deve spingere là donde poi il ritorno non sia libero…”.
C’è veramente da meditarci sopra.
[segue]
Panorama
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Citazione: da frasi di Lao Tse
Immagini: in evidenza Dialoganti foto GiFa 2021 – in chiusura Panorama foto GiFa 2021
Riferimenti: Lao Tse Il libro del Tao Saggi Newton – Luigi Pirandello Uno, nessuno, centomila – Oscar Mondadori – Donata Paini [a cura di], Seneca La Serenità – Barbera ed. – Wikipedia, serenità significato
Sì, dopo tanti Natali credo sia questo il regalo più bello. E siamo fortunati se oggi possiamo affermarlo. Il pensiero corre ancora e sempre a tutti coloro che non possono neanche immaginare di “stare assieme” a qualcuno. Per chi è fortunato, non si chiude qui. Occorre impegnarsi. Non è tutto scontato.
Penso al pranzo o alla cena di Natale, tante sono infatti le varianti, un po’ come nei virus.
Spesso avviene infatti che sia questa l’occasione unica dell’anno per un ritrovo di familiari, parenti e anche accompagnatori occasionali (il moroso o la morosa, nel senso di fidanzati).
Il rischio sempre più grande, proprio come raccontato in alcuni film anche recenti, tipicamente francesi, è che l’unica occasione di ritrovo dell’anno corrente si trasformi in una resa dei conti. Questo perché ogni partecipante alla festa ha la sua versione da far vedere e da far prevalere.
Un noto pedagogista (*) si chiede: … Possibile che proprio durante il pranzo di Natale ci siano i soliti litigi per motivi futili e banali? Perché proprio a Natale si scatenano le peggiori bagarre in famiglia? Forse apparirà una cosa strana e paradossale, ma invece sarebbe presente nel menù di molte famiglie in queste occasioni di festa e ritrovo sotto l’egida del Santo Natale. L’autore citato prosegue: … è proprio nei momenti in cui le aspettative sono più alte che si nascondono le peggiori insidie. A Natale la tradizione vuole che tutti i figli stiano vicini ai vecchi genitori, ma non sempre questo desiderio è condiviso dai figli stessi. E spesso in molti vivono il Natale come un obbligo e non come una libera scelta. Sono duei motivi che rendono il pranzo di Natale un momento delicato e difficile per le relazioni familiari. Il primo èlegato al fatto che il livello di intimità è molto alto perché il Natale viene condiviso con le persone a cui siamo più legate. E sappiamo che l’intimità spesso apre le porte a possibili conflitti basati sull’eccesso di conoscenza dei reciproci difetti. Il secondo è che il Nataleè uno degli obblighi più inderogabili della nostra cultura, soprattutto quella italiana, che è particolarmente legata ai legami di appartenenza familiare. Infatti c’è la sorella che nella vita non ha avuto la stessa fortuna degli altri fratelli, che magari non ha avuto figli, mentre gli altri ne hanno avuti tanti. Oppure il fratello che da sempre si sente poco considerato dai genitori. La nipotina adolescente che proprio nel giorno di Natale vuole riscattarsi davanti agli occhi degli altri componenti familiari. E via così in un susseguirsi di incontri e scontri, un rituale di comunione che spesso rischia di diventare un percorso impervio e difficilissimo. Inevitabilmente il pranzo di Natale risveglia i tasti dolenti dell’infanzia e le ferite più antiche che caratterizzano tutte le relazioni familiari.
Che fare, dunque?
Beh, credo che sia interessante non lasciare tutto all’improvvisazione, anzi è meglio decidere responsabilmente di impegnarsi su questa cosa che, a mio parere, va posta al centro delle festività e, comunque, in ogni incontro umano.
L’approccio potrebbe essere di rallentamento e di iniziativa, che possono benissimo andare a braccetto.
Rallentamento prevede il tenere una “distanza” dagli eventi e dalle parole. Per esempio essere attenti ai commenti e alle battute, non esagerare, tralasciare i giudizi che sgorgano facilmente per la grande confidenza che può intrappolare facilmente. Invece l’occasione, che è anche rara, può servire per conoscere meglio i cambiamenti nelle altre persone. Rallentamento anche nella tipica situazione che ci vede mettere sempre al centro dell’attenzione con atteggiamenti provocatori o di puro ed inutile esibizionismo. Di sicuro possono divertire, ma altrettanto possono essere sgraditi a più di qualcuno.
Iniziativa significa essere autentici e semplici, ma non sprovveduti. Un ruolo importante hanno gli organizzatori del pranzo o della cena. Infatti è fondamentale che tutti si sentano accolti e importanti in modo che siano a proprio agio, anche quelli più riservati. Altro aspetto fondamentale è di dare l’esempio nell’ascoltare i discorsi di tutti i partecipanti. Impegnarsi ad essere curiosi uno dell’altro, facendo domande e ascoltando con il cuore.
Insomma che senso ha ritrovarsi insieme a Natale (ma non solo a Natale, aggiungo), se non ci si impegna nell’attenzione reciproca. Il pedagogista sopraccitato dice che: Anche il pranzo di Natale, dunque, può essere un’ottima occasione per imparare ad affrontare le contrarietà relazionali, un obiettivo importante per tutti noi, che viviamo in una società sempre più complessa e narcisistica, in cui le persone hanno sempre maggiori aspettative verso se stesse e verso gli altri.
Allora sì che ha senso festeggiare e scambiarsi gli auguri.
Oggi, 25 dicembre 2021: Buon Natale e buone relazioni!
Riferimenti: (*) da Come gestire i litigi del pranzo di Natale di Daniele Novara, scrittore e pedagogista – fondatore e direttore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti di Piacenza
Un grande fuoco brucia dentro di me, ma nessuno si ferma a scaldarsi, e i passanti vedono solo un filo di fumo
Soli per scelta. Per ripartire e per essere migliori. Dicevo su questo blog, qualche giorno fa.
E oggi dico: “soli”!
Soli perché disadattati, esclusi, diversi, colpevoli o colpiti. Infettati o allontanati, espulsi e rifiutati. Dimenticati, ignorati…
Questa è l’altra faccia della solitudine, uno stato non voluto e difficile, inaccettabile.
Una “distanza” effettiva, reale che diviene uno stato di pura sofferenza.
Molti sono “soli” oggi, e “non per scelta”.
Il brano che richiamo sotto è fatto di versi molto sentiti verso una persona cara, di fatto diversa, a cui l’autore dedica tutto il suo amore consapevole (in quanto genitore).
Mi sento solo in mezzo alla gente
Osservo tutto, ma non tocco niente
Mi sento strano e poco importante
Quasi fossi trasparente e poi
Resto fermo e non muovo niente
La sabbia scende molto lentamente
L'acqua è chiara e si vede il fondo
Limpido finalmente
A nord del tempio di Kasuga
Sulla collina delle giovani erbe
Mi avvicinavo sempre di più a loro
Quasi per istinto e poi
Sagome dolci lungo i muri
Bandiere tenui più sotto il sole
Passa un treno o era un temporale
Sì, forse lo era
Ma lei chinava il capo poco
Per salutare in strada
Tutti quelli colpiti da stupore
Da lì si rifletteva chiara
In una tazza scura
In una stanza più sicura
Ma no, non voglio esser solo, no
Non voglio esser solo, no
Non voglio esser solo mai
...
Citazione: da frasi di VincentVanGogh
Immagine by Pixabay: Osaka
Versi di Eugenio Finardi: dal brano Le ragazze di Osaka da album Dal blu 1983
Di questi tempi abbondano sempre di più le occasioni di auto apprendimento e auto riflessione, basta cercare sui social, ce n’è per tutti i gusti. Ci sono anche i corsi per apprendere l’amore. In questo caso viene definito da qualche esperto una ‘competenza’. E certamente si tratta di qualcosa che si impara, che si vive e si sperimenta.
A me piace pensare che sia una “forza”. Di sicuro è un qualche cosa di non ben definibile, ma è la parola “forza” che più si attaglia all’amore, questo sentimento che fa girare tutto l’universo.
La forza dell’amore si declina in diverse modalità. Per esempio nella “distanza”. Quella qualità che è senz’altro un modo di vivere il sentimento, ma che va oltre, rappresentando qualcosa di più e di distinto. Ti spinge a cercare qualcosa o qualcuno, e nel contempo ti fa scegliere di tenere una posizione di distacco, per rispettare i tempi altrui, i sentimenti altrui.
E’ distanza silenziosa e nello stesso tempo di attesa. C’è aspettativa, ma rispettosa e fiduciosa. Non c’è ossessione o ansia, non c’è calcolo e non c’è paura. C’è invece presenza fatta di serenità e fiducia. E’ insomma una molla e anche un freno ben calibrati insieme.
“Come con un figlio cresciuto. Desideri il suo contatto più di ogni altra cosa. Speri di essere cercato, di venire chiamato. Sospiri per ogni possibile difficoltà, anche solo immaginata. Lo cerchi e poi, quando si fa trovare, ti sospendi e non fai quelle domande che avresti voluto fare, cambi argomento e … respiri il suo respiro … pur lontano. Ed è allora che senti la “forza” e scopri che è scambiata, è reciproca perché a doppio senso di marcia.
… Amore è anche un “sapore”. Può essere amaro perché tuo figlio ti dice qualcosa che non vorresti mai ascoltare e che accetti tuo malgrado. Ma può essere anche estremamente dolce e gradevole, quando guardandoti negli occhi o ascoltandoti al telefono ti esprime la sua essenza fatta di sogni, desideri, non solo di preoccupazioni o malesseri. E ti dona se stesso. Lo fa invitandoti a specchiare la tua anima nella sua”. (*)
È la forza dell'amore quella che non fa dormire
Finché il sole con l'alba non verrà
Con la forza dell'amore sognavamo di suonare
Più che per voglia per necessità
E le ore ad aspettare che i tuoi si decidessero a partire
Per rubare un po' di felicità
Ma la forza dell'amore non si fermerà.
Citazione: da frasi di William Shakespeare
Foto by GiFa: opera di Angela Canale (Raggio di luce 2021 – particolare)