Merlino

Anche in tempi antichi i merli erano protagonisti di leggende o significati magici, per le popolazioni celtiche, per esempio, i merli sono associati agli dei …

Vai e vieni, vai e vieni
C’è uno strano movimento nel mio giardino
Un giovane uccello dal manto lucido e nero che di tanto in tanto
mi volge lo sguardo
Viaggia ininterrottamente dall’alto verso il basso
E dal basso verso l’alto
Mi passa spesso davanti veloce veloce
lasciandomi incredulo di tanto dinamismo
da destra a sinistra e viceversa
Gli fa da bussola il bellissimo giallo del suo becco sempre proteso

Vai e vieni, vai e vieni
Bruschi decolli, improvvise virate, rapidi voli 
Il merlo sta costruendo casa nel folto del gelsomino
E io decido di fermarmi ad osservarlo e di trarne insegnamento 
L’ho chiamato “Merlino” …
Lo chiamo ancora, ma non mi risponde

Vai e vieni, vai e vieni
Nel giallo porti ora un frammento di ramoscello
Oppure un filamento erboso
Il mattino ben presto raccogli utili alimenti nel prato ancora umido di rugiada
E li consegni a qualcuno che si nasconde tra le foglie sopra la recinzione
Ma che si è svegliato e si fa sentire con un quasi impercettibile pigolio che chiede cibo.

Vai e vieni, vai e vieni
La pazienza non ti manca “Merlino” e non ti manca la motivazione.
Neanche di coraggio sei privo quando ti fermi a sfidare il gatto che vorrebbe segnare il territorio o fare altro.

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Citazione: Il merlo nelle fiabe a cura di Elena Ghelfi

Immagini: Merlino in movimento nel giardino by GiFa2023


Sette giorni insieme

Settimana di stacco

Non sono pochi sette giorni, eppur son volati via …
Eravamo nella nostra casetta vicinissima al Trasimeno, tutta in uno con il minuscolo centro cittadino, dal quale si poteva intravvedere il lago con due delle sue isolette verdi che sembravano galleggiare su di un calmissimo specchio ora verde ora azzurro.

Abbiamo lasciato ogni mattina la nostra casetta e la sua piazzetta per prendere confidenza con il lago e i suoi magici riflessi.
Abbiamo fatto lunghe passeggiate e alla sera siamo sempre tornati stanchi ma contenti, già desiderosi di prepararci per il giorno successivo.

La casetta è diventata un rifugio ove trovare riposo.

Tornare è stato sempre un sollievo ed abitare in questa casetta un sogno. Siamo stati molto bene e ci è parso di essere veramente “a casa nostra”, tranquilli, rilassati e al sicuro.

C’è un vecchio pezzo dell’epoca dei cantautori che mi torna sempre in mente in certe occasioni come quelle che si vivono in vacanza. Non so perché. So soltanto che mi vengono automaticamente in mente note e parole. E a quel punto mi chiedo: che c’entra questa canzone con quanto sto vivendo?

Forse questa canzone è una di quelle che mi hanno sempre accompagnato nella realizzazione di alcuni miei desideri … È una canzone del duo Loy & Altomare, “Quattro giorni insieme” (1974) che dice tra l’altro: … non ci annoiavamo mai. Sempre uniti insieme noi ci amavamo allegramente ed alla fine di ogni volta ci piacevamo un po’ di più. … C’era in ogni tua espressione quell’entusiasmo che tira su. … Stavi infondendomi la voglia di prender tutto come viene e di non chiedersi mai perché. Quattro giorni insieme senza mai avere dei contrasti senza un minuto di stanchezza contenti solo di star così.

Ecco, questi sette giorni sono stati proprio così. Quindi, da ripetere ben presto …

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Immagini: in evidenza Particolare portale casa a Tuoro (Reginetta), foto AnCa2023; in galleria Trasimeno da sopra, foto AnCa2023 – Giallo dal traghetto, foto GiFa2023 – Isola dall’isola, foto GiFa2023 – Riflessi, foto Gifa2023 – Galleggiante, foto Gifa2023

Riferimenti nel testo: brani dalla canzone Quattro giorni insieme di Loy & Altomare tratti dall’LP Chiaro del 1974


Rimpiangere?

La vita è qui da vivere e non da rimpiangere …

Rimpianto ha che fare con il ricordo. Infatti è il ricordo nostalgico e dolente di persone o cose perdute, o di occasioni mancate. Deriva dal verbo rimpiangere che significa rammentare una persona o una cosa con desiderio e nostalgia, ma insieme con la consapevolezza – spesso dolente – di non poterla avere più perché perduta o scomparsa, trascorsa o irrecuperabile. Fin qui le definizioni. Mi capita spesso di sentirne parlare dalle persone che incontro.

Ho però la sensazione che ci sia confusione tra rimpianti e rimorsi. Questi ultimi sono tutt’altro. I rimorsi sono i turbamenti che sgorgano da un errore compiuto nel passato recente o remoto, da qualcosa che si è fatto e che ha portato infelicità o dolore a noi o ad altri. Da qualcosa che si vorrebbe non aver mai fatto. Un’azione che, secondo l’etimologia, ci rimorde, che azzanna la nostra coscienza ogni volta che ci ripassa sopra, una consapevolezza tormentosa. Questo fa distinguere appunto i rimpianti che nascono da ciò che è andato perduto …

Sento anche dire: non voglio avere rimpianti! Desidero vivere senza rimpianti! Ecco, credo sia assai difficile che si realizzi una vita senza rimpianti, e lo stesso senza rimorsi. A chi non capita di perdere qualcuno e qualcosa a cui, tornando indietro, avrebbe voluto aver dedicato più tempo e più cura? E a chi non capita di aver sbagliato e, tornando indietro, non avrebbe averlo fatto? Ci sono domande che ci inseguono e talvolta ci mettono in crisi. Anche nel lungo termine. Credo che i veri rimpianti, quelli che contano veramente, possano presentarsi a noi nei momenti difficili o nei momenti più delicati nella nostra esistenza. Pensiamo a chi è in punto di morte ed è presente (cosciente) alla sua fase esistenziale. Bronnie Ware ne ha scritto in un noto libro in cui descrive i cinque rimpianti più grandi delle persone che stanno morendo. L’autrice ha lavorato come assistente ai malati terminali.

E prendiamo in visione questi “rimpianti”:

  • Vorrei essere stato coraggioso nell’esprimere i miei sentimenti;
  • Vorrei essere rimasto in contatto con gli amici;
  • Vorrei essere stato fedele ai miei principi e meno alle aspettative altrui;
  • Vorrei non essermi dedicato troppo al lavoro;
  • Vorrei essermi dato il permesso di essere felice.

C’é un verbo in comune in tutti i cinque rimpianti: “vorrei” … È un verbo condizionale. Significa che quello che volevo (o voglio) non si è potuto realizzare (non può realizzarsi) perché sono mancate (mancano) delle condizioni personali o contestuali. Ed è questo vorrei che da un lato pone un limite all’apparenza invalicabile, e dall’altro fa esplodere rimpianti, spesso a scoppio ritardato.

Come che sia, prendendo in carico a ritroso i rimpianti suddetti aggiungerò le riflessioni personali nei pezzi di questo blog che seguiranno.

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Citazione: da Frasi di Max Pezzali

Immagine: Train by Pixabay

Riassunto: by Carlo Emilio Gadda

Riferimenti nel testo: definizioni da Treccani.it – Fanpage.it – Meglio.it – Carmen Laval

Riferimenti libro: da Vorrei averlo fatto – I cinque rimpianti più grandi di chi sta per morire di Bronnie Ware – 2012 Ed. MyLife


… E l’indifferenza uccide!

Ricorda l’indifferenza uccide! Perciò avvicinati a chi è nel bisogno rialza chi è caduto e carezza il volto di chi piange cerca di essere voce per chi non ha voce allevia la sofferenza che incontri non partecipare all’omicidio consumato da quelli che sono gli indifferenti.

Un noto brano musicale ripeteva: “Nel 2000 io non so se vivrò ma il mondo cambierà il sole scenderà su di noi / Nel 2023, 23 Se il mio cuore batterà non lo so ma troverà qualcosa che lo farà batter più di te …

Di recente ha scritto al riguardo Fabiano Minacci:“Il testo era di Daniele Pace, accennando al misterioso futuro che incombeva, aggiungendo la frase “Nel 2023 l’uomo avrà smesso di lavorare” (ci andò vicino). Il brano era americano, cantato da Zager & Evans e in origine si chiamava “In The Year 2525”. Rick Evans la scrisse nel 1964, rimase chiusa in un cassetto fino al 1968. Il duo la incise all’inizio di giugno, entrò al n. 95 in America e il 12 luglio era al n. 1, grazie alle radio texane che la programmarono a rotta di collo, scalzando dal podio Elvis Presley, i Beatles e Stevie Wonder. Roba da non credere …”. In ogni caso il blogger afferma: “La canzone di Dalida Nel 2023 è una delle più catastrofiche di tutti i tempi”.

Anch’io come Minacci considero quel brano fra i più tendenzialmente catastrofici di sempre anche se in tal caso ci sono previsioni azzeccate e non. Del resto è sempre così, quando ci fanno previsioni generalizzate a lunga gittata, in parte, ci si azzecca sempre.

Come che sia, ci fu un tempo anche per me in cui pensavo al futuro come a qualcosa di migliorativo, di crescita per tutti, di evoluzione collettiva. Non soltanto di miglioramento personale, che, francamente, vedevo come cosa più complicata.

È stato così? Che c’entra la canzone richiamata?

È indubbio che il mondo, in questi circa 60 anni, sia migliorato sotto vari aspetti e abbia avuto varie fasi di progresso economico, culturale e sociale, e al contempo vari punti di crisi. Mi è difficile dare una misurazione di tali miglioramenti. Forse mi verrebbe più facile valutare le crisi, sempre più frequenti, spesso evidenziate da scosse di terremoto – anche violente – di tipo finanziario, politico, economico e sociale. Di recente anche di tipo sanitario (pandemia), non dimenticando i disastri ecologici puntualmente evocati, registrati, commentati e poi archiviati; e di tipo bellico (importante guerra in territorio europeo), non dimenticando l’intolleranza dialogica ormai persistente anche nelle sale politiche internazionali considerate democratiche.

Mi chiedo se a fronte di importanti avanzamenti (scambi multiculturali, discussione sui diritti umani, progresso tecnologico e sviluppo della ricerca, diffusione della conoscenza, opportunità della rete, per dirne solo alcuni) che sono sotto gli occhi di tutti non ci sia un imbarbarimento generalizzato che sta prendendo piede con forza. Sta dilagando.

Circa la pandemia: temo che stia diventando un brutto ricordo; parleremo di prevenzione e cautele non appena (speriamo di no) ne arriverà una di nuova. L’aviaria in essere non è una favola.

Circa la guerra: d’accordo ci sono decine di guerre nel mondo, da decenni e stanno aumentando; in Europa un conflitto così importante non era immaginato da nessuno; ci siamo abituati agli aggiornamenti sul conflitto, e anche alle statistiche sui morti e basta.

Circa gli immigrati: questa catastrofe è senza fine; l’indifferenza generale nasce da lontano, ma ultimamente è divenuta quasi un imperativo. Muoiono sotto gli occhi delle telecamere, quindi sotto i nostri occhi, “persone” che scappano da situazioni di profonda sofferenza e che se decidono di partire, pagando e rischiando, preferiscono questo ai soprusi in atto da parte dei loro conterranei. Quando poi sono bambini che vengono sacrificati rimanere indifferenti significa ancor di più complicità criminale.

Il fatto è che anziché unire le forze per trovare soluzioni adeguate, ci si dedica alla ricerca delle colpe e dei colpevoli dichiarando di avere la “coscienza a posto”. Questo atteggiamento sempre più praticato a tutti i livelli si basa su di una piattaforma che è alimentata dall’indifferenza: succedono certe cose ma non le voglio vedere, non mi riguardano oppure non mi conviene interessarmene, non è di mia competenza. Siamo passati dal lavarsi le mani (come Pilato – nda) di fronte ad un evento irrilevante all’arte di scaricare le responsabilità sugli altri di fronte ai peggiori crimini umani.

Tornando al brano musicale, che è uno spunto per uscire dalle usuali ovvietà, canzone proposta in Italia nel 1968/69, trovo che le cose non siano andate tutte male, anzi. Ci sono però anche segnali importanti di regresso. Che fanno pensare al peggio. Per esempio la vera catastrofe oggi, nel 2023, è evidente ed è quella dell’indifferenza diffusa. In tutti gli ambiti citati. Più che prevedere cosa accadrà occorre non essere indifferenti nelle situazioni in cui siamo immersi. Ed è vero: l’indifferenza uccide, come nella citazione.

Certo ci sono cose che possiamo fare ed altre che sono più difficili da realizzare.

Personalmente penso sia importante innanzitutto concentrarsi sulle prime.

Quali sono le cose che possiamo fare?

Anche su questo, sono convinto che possiamo ognuno di noi dare una risposta. Cominciando ad essere attenti. Poi impegnandosi ad essere consapevoli e a stare nel presente mettendo a disposizione le nostre capacità, senza esagerare, facendo la nostra parte.

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Citazione: L’indifferenza uccide! di Enzo Bianchi – Twitter

Immagine: Ragazzo del Togo in maglietta rossa – Giovanna Boteri su Facebook

Riferimenti nel testo: Nel 2023, brano proposto in Italia da Dalida e da Caterina Caselli – blog Biccy.it /F. Minacci


Nebbia

La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale …, ma … Respirano lievi gli altissimi abeti racchiusi …

Impressioni del mio Gennaio (II)

Cos’è la nebbia in fin dei conti?

Nebbia è una parola che usiamo spesso per dire che qualcosa non va per il verso giusto o desiderato.

Oh! Mio Dio! C’é nebbia, e adesso?, quale espressione di un senso di impotenza. Con questa nebbia meglio starsene in casa!, quale espressione di rassegnazione. Oppure nel nostro parlare: Siamo nella nebbia più assoluta, per dire che siamo nella confusione e non sappiamo da che parte andare; siamo annebbiati, ossia confusi, disorientati; ho nebbia davanti a me, per dire che sono nell’estrema incertezza, tale che non vedo nulla se non la nebbia.

Parola assai significativa, molto usata, di sicuro non è attraente o simpatica. Chi per lavoro attraversa zone tipicamente nebbiose la odia senza dubbio.

Ma la nebbia è un fenomeno naturale. Come si sa, si forma attraverso una concentrazione di infinite piccole gocce d’acqua, che si creano vicino al terreno, ma anche sopra il mare o gli specchi d’acqua e lungo i corsi provocando una graduale diminuzione della visibilità. E spesso incidenti.

Un ammasso informe di vapore che si muove lentamente oppure pare stabilirsi in un determinato luogo senza dare idea di volersene andare. Ci sentiamo avvolti fin dentro le ossa. Immersi in una gigantesca bolla che quasi ci toglie il respiro.

Ebbene, quasi sempre possiamo essere noi a muoverci e ad uscire da questo ammasso indistinto.

Quante volte ci perdiamo in esso e ci lamentiamo per la situazione che viviamo. E ci impegniamo molto a farlo. Quando in realtà basta poco per cambiare tutto.

Dico che è un po’ come andare in montagna.

Fintanto che rimango sulle mie, resto fermo nella mia area confortevole, vedo la nebbia che mi dà fastidio e mi disturba, ma non mi attivo per cambiare e trovare di meglio, continuerò a rosicare, a essere a disagio e aumenterò il senso di confusione e di incertezza … Non potrò stare meglio.

Se invece con coraggio mi attiverò avviandomi fuori dalle comodità superando ogni pigra giustificazione fatta di alibi e pretesti, spesso inventati, riuscirò a vedere con occhi nuovi e me ne rallegrerò.

Dopo una passeggiata nella nebbia, mettendoci impegno, forza di volontà, fatica, sacrificio, attenzione, si può salire in quota e superare quella che sembrava un cortina di grigiore impenetrabile. Soltanto allora si vedrà un cielo limpido, azzurro, con uno scenario illuminato da un sole che pareva non esserci più. La nebbia c’é ancora, ma è al di sotto, e sparisce ogni confusione ed ogni incertezza. Ci si accorge che bastava uno sforzo, quello di impegnarsi a cambiare punto di vista.

Si scopre così che è proprio vero: Ogni cosa, anche la più buia, può essere illuminata. Ogni cosa, ossia tutta la vita.

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Citazioni: miscela di versi da San Martino di Giosuè Carducci e da Gennaio di Rainer Maria Rilke

Citazione nel testo: da testi di Ludwig Monti

Immagine in evidenza: Panorama quasi nebbioso by GiFa2023

Immagine in chiusura: Nella nebbia passeggiando su M. Cimone by AnCa 2023


Neve

… Gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato
fra le cui rive giace come neve  …

Impressioni del mio Gennaio (I)

Distesa all’apparenza incantata, subito sfregiata e poi a tratti ghiacciata.

Dura, quasi come cemento, macchiata, ancora dura e poi frantumata.

Spuntano piccoli filamenti ingialliti e antichi di tappeto erboso.

Poi copre tutto.

Salendo cresce lenta, fino al culmine.

Avanti si vede il mare, un mare bianco come neve versata, un mare di silenzio e di tranquillità.

Immobile ma anche schiumoso.

Ammasso di nubi alleate tra le quali un po’ alla volta escono le macchie scure che liberano altri mondi.

Nubi e onde. Non più neve.

Nubi come onde di mare agitato si attaccano agli scogli emergenti e si disperdono, si sciolgono come dominanti pensieri.

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Citazione: da La canzone dei 12 mesi di Francesco Guccini

Immagine in evidenza: Forest by Pixabay

Immagini in galleria: Panoramiche da Sentiero per M. Toraro by GiFa2023


Caduta

A cadere ci si riesce da soli, ma per rialzarsi
ci vogliono le mani di un amico
(Proverbio yiddish).

Oggi (nel giorno in cui ho scritto) sono caduto.

E’ capitato, come sempre in questi casi, inaspettatamente.

Sono scivolato e mi è sembrato di prendere il volo, dapprima all’indietro e poi per automatica reazione tutto in avanti, andando a battere sul pavimento bagnato e duro, molto duro.

Ritrovarsi a gambe all’aria (posizione opposta) e non fare a tempo ad accorgersi che sta succedendo proprio a te.

Anzi, lo dici a te stesso, che non te ne sei accorto, qualche istante dopo, se stai bene.

E per fortuna mi sono subito rialzato. Sano. Con l’aiuto di alcune braccia.

A me è capitato nel bel mezzo di un affollarsi di donne e con a fianco la mia compagna.

E tutte a informarsi, quasi maternamente con visi allarmati: Cosa è successo? Come stai? Riesci a camminare? Hai bisogno di qualcosa?

Poteva essere un infortunio grave, invece è stato soltanto qualche ammaccatura, alle viste riassorbibile.

Nell’immediato, lo scivolone non era ancora compiuto, ho pensato: che figura di emme! Subito dopo, istantaneamente: poteva andarmi peggio! E poi ancora: sono proprio distratto! Infine: certo che il pavimento era molto bagnato! Qualcuno avrebbe dovuto provvedere!

Ed ecco anche una battuta, non espressa: meglio distratto che distrutto (tipica mia autoironia).

Solo qualche minuto dopo ho realizzato: ero tanto sopra pensiero, non guardavo dove mettevo i piedi, in pratica già volavo di mio … Meno male che posso fare questi pensieri senza dover ricorrere ad un medico!

I segnali nella realtà arrivano sempre e sono decisamente squillanti quando non siamo connessi con noi stessi e con il mondo. Sta a noi accorgercene, a elaborarli e magari impegnarci di più nel vivere il cosiddetto qui e ora, quale che sia la cosa che stiamo facendo.

Sì, sono stato fortunato!

E sono grato.

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Immagine: Uomo che cade by Pixabay


Ritorno a casa?

… se Paradiso unisce l’intelligenza dell’uomo all’intelligenza della natura …

C’è una città che mi fa sentire a casa ogni volta che ci torno. Ci sono andato tante volte, ho perso il conto. Da solo, in coppia, in compagnia. Ogni volta andarci è come pensare ad un Paradiso. Ripartire dispiace ma non troppo perché senti che ci ritornerai presto.

Oggi il solo pensiero di Assisi mi fa sentire a casa. Nonostante la lontananza. I ricordi sono vividi. Ci sono stato come visitatore e turista, come fervente religioso, come fervente scettico, come dubbioso, come ricercatore di qualcosa di autentico e di superiore, come distratto camminatore, come ispirato meditatore.

Sto scrivendo queste cose e sento dentro di me non solo il desiderio di tornarci presto, ma anche la certezza che entro l’autunno ci tornerò.

Assisi: Francesco è sempre qui, diceva una nota giornalista di turismo. (1)

Eppure Assisi mantiene intatta la sua particolarità di piccola città mondiale della fede e dei valori universali. In effetti tutto in questa città di neanche 30.000 abitanti, il cui nome pare derivare dal nome del torrente che l’attraversa (2), è costruito e vive attorno a quanto ha lasciato il “poverello” ed è impossibile non restarne coinvolti, sia che si creda sia che non si creda. Direi anche sconvolti se ci si immedesima solo un po’ nelle sue tracce.

E’ anche straordinaria la fusione tra arte e religione, come anche tra natura e spirito: in tante chiese e in tanti eremi e conventi, nonché nel recente nuovo “Bosco di San Francesco”, vi si possono trovare moltissimi spunti di riflessione e meditazione.

E dopo il viaggio quello vero, quello dentro di me stesso, come sempre, corro al ristoro, come quello di chi torna a casa, e pensa alla strada che ha percorso e a quella, lunga e impegnativa, che deve ancora affrontare.

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Citazione:  da Cambiamento Sociale oggi, di Gianni Faccin – Note ispirate da Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto ed. Marsilio

Immagini: Terzo Paradiso in Bosco di San Francesco Assisi – by GiFa 2018

Testo: da Ora ti ascolto … e poi? – di Gianni Faccin – Gedi 2022

Note: (1) Monica Guerrieri – TCI; (2) Wikipedia: La città umbra ebbe il nome di Asisium e fu monumentalizzata a partire dal II secolo a.C. Nell’89 a.C. divenne municipium e fu un importante centro economico e sociale dell’Impero romano. Il suo toponimo ha origini prelatine, e conservando un’incerta etimologia, viene interpretato in due differenti modi. Città del falco, o dell’astore oppure dalla base latina ossa ovvero torrente con ovvio riferimento al fiume Assino.


Chiarità

” … diffusa luminosità dell’aria, chiarore …”

Come d'incanto esce il sole
il vento rallenta le onde spumose
che mantengono il loro ritmo incalzante
il fragore permane sulla spiaggia
che si presenta con sabbia mista a ciottoli
e pare polvere di tufo
le nuvole sembrano dissolversi 
lasciando il posto ad un cielo terso
si diffonde un'aria tiepida 
accompagnata da una luminosità penetrante
è la chiarità

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Citazione: da Treccani, testi di Boccaccio e G. Pascoli

Immagini di galleria: foto GiFa 2022 – scorci di Senigallia 9 giugno 2022


Jean

… il topazio aiuta chi lo possiede a trovare il proprio scopo nella vita e ad avere una maggiore consapevolezza di sé e dei propri valori …

Jean, Janì, Gian, Gi, John, Giannino, Giovanni. Oltre al mitico Gianeti. Questi sono alcuni degli appellativi, sia diminutivi sia non, che ricordo di aver acquisito nel tempo. E sono tutti legati per derivazione dal più famoso Giovanni. Mi sono sempre sentito onorato di questa legame anche se non gli ho dato mai troppa importanza. Se da un lato mi è piaciuto talvolta giocare su alcuni miei appellativi dall’altro sono sempre stato attratto dal nome francese che Angela con massima dolcezza ogni tanto tirava in ballo: Jean!

Di recente, in occasione del mio onomastico, alcune persone mi hanno fatto notare che Giovanni, da cui deriva il mio Gianni, è un nome importante e che oltre a doverne andare fiero lo rappresento bene.

Questa cosa mi ha seriamente incuriosito. Dunque ho ripreso in mano le tracce di questo nome e ho trovato moltissime sfumature e moltissimi significati. Del resto ho sempre pensato che il nome che portiamo, che non abbiamo scelto, non ci è stato dato a caso come potrebbe sembrare in talune situazioni.

Tra le varie descrizioni ho trovato che il significato dall’ebraico è “dono del Signore o Dio è misericordioso”. Caspita, che responsabilità … Se si volesse abbinare una parola chiave questa sarebbe “frenesia”. Volendo abbinare un colore: il giallo o l’arancione; un numero: il cinque; e una pietra: il topazio. Da un punto di vista biblico, e questo è il mio caso, il santo è S. Giovanni Battista (24 giugno).

Ho trovato interessanti tutti questi collegamenti che voglio commentare.

Partendo dal santo, ho sempre pensato che Giovanni il Battista fosse una grande comunicatore, anche se il suo annunciare era come spesso si nota nelle immagini che lo rievocano la presentazione di qualcosa di importante e al contempo scomodo, in controtendenza. Questa della comunicazione è sempre stata un mio pallino. Forse perché fin da piccolo non mi era facile comunicare apertamente e dire chiaramente e in breve il mio pensiero.

La pietra ovvero il topazio. Beh è una novità, non l’avevo mai incontrato questo accostamento. Ma è anche interessante e mi piace. Si dice che sin dall’antichità questa pietra preziosa fosse attrattiva in quanto generativa di amicizia, generosità, coraggio e saggezza. Pare sia una delle migliori pietre per la connessione con il Divino. Molto adatta alla meditazione.

Il 5 o cinque. Altra scoperta: simbolicamente questo numero “rappresenta la molteplicità, il cambiamento, la mutevolezza e l’esplorazione sia a livello fisico che mentale. La sua collocazione centrale nella scala dei numeri da 1 a 9 fa in modo che la persona sotto l’influenza del numero 5 sia indirizzata costantemente alla ricerca di nuove mete. Il 5 simboleggia un nuovo punto di partenza verso la ricerca, le passioni e la fortuna. Attiva ed estroversa, la persona del 5 tende a bruciare le tappe per raggiungere i suoi obiettivi ma è anche portata a vivere nuove esperienze”. (1) Quel che è strano è il ricordo di quando ero ragazzo che a fronte di prove o difficoltà la numerazione a mente o l’immaginazione per farmi forza o darmi coraggio finivano sempre con il numero 5. Contare oltre era troppo, meno di 5 era troppo poco quasi che la cura non funzionasse.

Il colore. L’arancione è sempre stato un colore attrattivo per me, un colore che si distingueva da tutti gli altri che pure amavo. Oggi c’é una chiara tendenza per il giallo. Mia madre dice che è l’età anche su questo. In verità quando vedo i campi gialli di colza matura, i fiori gialli di certi cespugli, le rose gialle, i tulipani gialli, le fioriture di forsizie, i fiori del maggiociondolo mi fermo, ammiro e mi sento bene. Dicono che il giallo sia abbinabile al terzo chackra e che “sia simbolo della luce del sole ma anche della conoscenza e dell’energia, sia dell’intelletto che nervosa. In effetti il giallo ha la capacità di regolare la frequenza del battito cardiaco e la pressione arteriosa”. Inoltre, questo “colore agisce sul sistema digestivo e su quello epatico ma anche sulla vescica e la milza. I colori di tonalità gialla agiscono su diversi aspetti della nostra personalità e attitudini: in genere favoriscono l’estroversione e la capacità di concentrazione”. (2)

Una parola: frenesia. Quante volte nella mia vita lavorativa ed extra lavorativa, sia impegnata sia disimpegnata, ho sperimentato la frenesia. Quell’atteggiamento, che è un bisogno, di scatenarsi, di andare oltre, di aumentare il ritmo, di moltiplicare le sfide … per sentirsi vivissimi, mentre basterebbe sentirsi vivi. Credo che il giallo mi stia aiutando ad essere meno frenetico e a gustare di più ogni singolo momento. Infatti i sacri testi recitano: Chi predilige il colore Giallo è una persona estroversa che accoglie con gioia le novità ed è solitamente dotata di una fervente immaginazione. Chi preferisce il colore Giallo manifesta una vitalità a fasi alterne con picchi più o meno alti. (3)

E chiudo con il significato dall’ebraico su riportato: mi sento effettivamente un dono, soprattutto oggi che sono cresciuto. Un dono che per quello che può essere nella realtà di tutti i giorni sia capace a sua volta di fare dono …

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Citazione

Immagine: campo di colza by Pixabay

Riferimenti (1) (2) (3): da https://www.ilgiardinodegliilluminati.it/