Non sono pochi sette giorni, eppur son volati via …
Eravamo nella nostra casetta vicinissima al Trasimeno, tutta in uno con il minuscolo centro cittadino, dal quale si poteva intravvedere il lago con due delle sue isolette verdi che sembravano galleggiare su di un calmissimo specchio ora verde ora azzurro.
Abbiamo lasciato ogni mattina la nostra casetta e la sua piazzetta per prendere confidenza con il lago e i suoi magici riflessi.
Abbiamo fatto lunghe passeggiate e alla sera siamo sempre tornati stanchi ma contenti, già desiderosi di prepararci per il giorno successivo.La casetta è diventata un rifugio ove trovare riposo.
Tornare è stato sempre un sollievo ed abitare in questa casetta un sogno. Siamo stati molto bene e ci è parso di essere veramente “a casa nostra”, tranquilli, rilassati e al sicuro.
C’è un vecchio pezzo dell’epoca dei cantautori che mi torna sempre in mente in certe occasioni come quelle che si vivono in vacanza. Non so perché. So soltanto che mi vengono automaticamente in mente note e parole. E a quel punto mi chiedo: che c’entra questa canzone con quanto sto vivendo?
Forse questa canzone è una di quelle che mi hanno sempre accompagnato nella realizzazione di alcuni miei desideri … È una canzone del duo Loy & Altomare, “Quattro giorni insieme” (1974) che dice tra l’altro: … non ci annoiavamo mai. Sempre uniti insieme noi ci amavamo allegramente ed alla fine di ogni volta ci piacevamo un po’ di più. … C’era in ogni tua espressione quell’entusiasmo che tira su. … Stavi infondendomi la voglia di prender tutto come viene e di non chiedersi mai perché. Quattro giorni insieme senza mai avere dei contrasti senza un minuto di stanchezza contenti solo di star così.
Ecco, questi sette giorni sono stati proprio così. Quindi, da ripetere ben presto …
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Immagini: in evidenza Particolare portale casa a Tuoro (Reginetta), foto AnCa2023; in galleria Trasimeno da sopra, foto AnCa2023 – Giallo dal traghetto, foto GiFa2023 – Isola dall’isola, foto GiFa2023 – Riflessi, foto Gifa2023 – Galleggiante, foto Gifa2023
Riferimenti nel testo: brani dalla canzone Quattro giorni insieme di Loy & Altomare tratti dall’LP Chiaro del 1974
Giallo come l’alba di ogni nostro nuovo inizio
Rosso come il fuoco che ci unisce
Blu come i nostri mari di tranquillità
E poi …
Arancio come i tramonti ammirati insieme a te
Verde come il nostro miglior prato
Viola come il mistero e la magia dei nostri primi incontri
Ed infine …
Azzurro come la leggerezza e la serenità
che ci sono sorelle nel nostro viaggio insieme
Che cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più …
E’ il tempo che passa, vola, viaggia in avanti senza guardare in faccia a nessuno.
Questo è.
E come succede per altri vissuti non si spiega, semplicemente è, e basta.
Rimane il dispiacere di non aver trascorso meglio quel tempo, di non aver avuto più coraggio, di non aver saputo scegliere.
Spesso siamo presi dal grande rumore di sottofondo e non prestiamo attenzione alla chiamata che ci viene rivolta, che ci sta innanzi. Come un pugno diretto in viso. Lui arriva, lo prendiamo, fa male, ma non lo vogliamo vedere.
Rimane il sapore amaro di non essere stati all’altezza delle situazioni, di non aver risposto a certe richieste, di non aver capito i segnali.
Rimane, anche come lontano ricordo, il disagio di essere stati d’impiccio se non addirittura offensivi. Di aver ferito.
E questo richiederebbe comprensione e il cosiddetto perdono. Rimane allora la speranza di un perdono.
Proprio di recente J. mi ha passato un biglietto che ha trovato casualmente lungo una strada. Un biglietto che le ha aperto gli occhi del cuore proprio parlando di perdono (erano i giorni dell’Avvento). Lo scritto, rovinato dalla pioggia, era ben chiaro e ancora una volta si rifaceva a un detto ben noto:
“Dove c’è amore non c’è bisogno del perdono, perché quando ami, ami e basta”.
Amore? Ma quale amore?
Rimanendo su quanto riportato non può che essere un sentire che va oltre l’umano. Un sentire disinteressato, che ponendosi come centro della morale e della volontà, non può che divenire fonte di bene.
Pare difficile, ma ce la possiamo fare.
Ecco che si compongono le speranze che ci possono accompagnare nel tempo futuro.
Questo è, e basta.
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Citazione e riferimenti nel testo: attribuzione a S. Agostino
La tenerezza ci salverà … Quando il canto diventa poesia e preghiera …
Si può vivere senza ricchezza, quasi senza soldi.
Signori e principesse non ce ne sono quasi più.
Ma vivere senza tenerezza noi non si può.
Si può vivere senza la gloria che non prova nulla,
essere uno sconosciuto nella storia e sentirsi bene.
Ma vivere senza tenerezza non se ne parla proprio.
Che dolce debolezza, che bella sensazione questo bisogno di tenerezza
che abbiamo dalla nascita, davvero!
Nel fuoco della giovinezza nascono i piaceri
E l'amore fa prodezze per abbagliarci.
Ma senza tenerezza l'amore non sarebbe nulla.
Un bambino ci bacia perché lo rende felice.
Tutti i nostri dolori spariscono, abbiamo le lacrime agli occhi. Dio mio!
Dio, nella tua immensa saggezza e immenso fervore,
fa’ dunque piovere incessantemente nel profondo del nostro cuore
torrenti di tenerezza perché regni l’amore, fino alla fine del tempo.
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Citazione: by GiFa 2022
Immagine: Love and Orphan by Pixabay
Testo: traduzione di Tendresse di Marie Laforet Discogs 1964
La casa è come un punto di memoria, le tue radici danno la saggezza e proprio questa è forse la risposta e provi un grande senso di dolcezza. E te li senti dentro quei legami, i riti antichi e i miti del passato. E te li senti dentro come mani, ma non comprendi più il significato …
O forse lo immagini e credi di comprenderlo.
Mi ha fatto un certo effetto riprendere in mano una foto come quella evidenziata. E’ una bella foto anche se scattata un po’ di corsa. Soprattutto è stata per me – specialmente di recente – molto importante per la consapevolezza di essere legato a qualcosa e a qualcuno di presente, di passato e, in un certo senso, di futuro.
Ho trovato risposta alla domanda che mi ponevo ogni qualvolta prendevo in mano l’album Radici di Francesco Guccini. Il famoso Lp riporta a tutta copertina la foto di antenati di famiglia. La domanda era “che senso ha questa immagine”? E la risposta era quasi sempre la stessa fino a quando ho intravisto qualcosa di importante anche in coloro che non ho mai incontrato di persona. Già da giovane mi rispondevo che era importante il legame familiare perché era chi direttamente o indirettamente mi aveva aiutato a nascere, a crescere e a diventare una persona adulta. Magari senza tante parole, oppure con esempi, sicuramente con scelte di vita semplici e complicate. Qualcuno finendo la propria vita in giovane età, qualcun altro facendo la propria parte fino a quasi cent’anni. Qualcuno vivendo in serenità nonostante tutto e qualcun altro lottando e soffrendo contro le avversità preponderanti nella sua vita. Chi in solitudine per scelta o disavventura, chi contribuendo ad una famiglia numerosa, chi senza famiglia oppure senza possibilità di generare. Ci sono state anche malattie devastanti oppure meno, ma quello che ricordo è la ricerca non costante ma presente di contatto e dialogo.
Ad un certo punto mi sono reso conto che capivo fino in fondo quel celebre detto: senza radici non si vola. (1)
Sì, ho cominciato a sentire con chiarezza dentro di me che non solo non si poteva fare a meno degli antenati vicini e lontani, ma che ogni singolo aveva a suo modo contribuito anche al mio destino. Con una reciprocità che come minimo interessava tante persone, tutte le persone presenti e non presenti della foto riportata.
L’importanza dell’antenato (nato prima) va assolutamente riscoperta. Non basta una vita per riuscirci, essendo al contempo in campo per essere noi antenati di qualcuno.
E’ una ruota che gira, si potrebbe dire. In realtà sento che è un filo invisibile che ci lega tutti assieme, alcuni più di altri. Ma tutti siamo collegati a quel filo, del quale non conosciamo né l’inizio né dove finisce. Conosciamo solo un tratto, in parte corrispondente al nostro vissuto.
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Citazione: da Radici di Francesco Guccini (brano tratto dall’album Radici EMI 1972)
Immagine: foto parenti del 1962 da archivio storico famiglia Pamato – Marchioro – Faccin – Lionello
Riferimenti testo: (1) Senza radici non si vola di Bert Hellinger – Ed. Crisalide 2001 (libro sulla terapia sistemica)
Verde come i tuoi occhi.
Occhi spesso malinconici, quasi tristi.
Occhi sognanti.
Occhi attenti e stanchi.
Occhi svegli mai sazi di novità.
Occhi che scrutano.
Occhi blu con lampi gialli.
Occhi che cercano e che chiedono.
Occhi trepidanti d'attesa.
Occhi stupendi che si stupiscono.
Occhi amorevoli.
Occhi che sempre accarezzano.
Occhi mai distanti.
I tuoi occhi.
Verdi occhi.
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Citazione: by John Fletcher, scrittore e drammaturgo inglese
La guerra non è uno spettacolo che si guarda e si ascolta sul divano. Se uno di noi sta sotto le bombe come succede alle sorelle e fratelli ucraini, possiamo dire solo due parole: ti tengo.
Che non vuol dire soltanto "io tengo a te", ma "ti tengo dentro di me", ti custodisco nel cuore e nel pensiero, e in ogni cosa che faccio io penso a te, perché chi ha occupato te e la tua terra con le armi ha invaso il mio cuore ...
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Fonte: by
Jack Folla, un dj nel braccio della morte – 4 marzo 2022
Ti vedo.
Ti vedo nelle piccole cose dette e non dette.
Quando ti fermi e rimani soprappensiero.
Nei tuoi sorrisi sempre gentili.
Quando sei incerta nelle decisioni, quando trovi la sorpresa di un piccolo cambiamento.
Nei tuoi pensieri di preoccupazione.
Ti vedo.
Ti vedo quando sei impassibile all’apparenza.
Quando per non ferire taci e succede spesso.
Quando desideri condividere e avviene sempre.
Nel tuo cercare vicinanza.
Ti vedo.
Ti vedo quando agisci e parti decisa.
Quando nonostante tutto procedi superando ogni dubbio.
Quando sai essere presente e attenta a chi ti viene vicino.
Nella piena autenticità.
Ti vedo.
Ti vedo quando cerchi di aiutarmi ad essere migliore, con delicatezza e franchezza.
Quando lo fai con dolce ironia.
Quando cerchi il confronto e lo scambio.
Nel tuo cercarmi e ritrovarmi qui.
Ti vedo.
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Connessione
Immagine by GiFa – elaborazione da componenti Pixabay
Quando la notte è arrivata e la terra è ricoperta dall’oscurità e la luna è l’unica luce che possiamo vedere no, io non avrò paura, io non avrò paura fino a quando tu sei, sei accanto a me.
Se il cielo che guardiamo sopra di noi dovesse precipitare e cadere oppure le montagne dovessero rotolare nel mare io non piangerò, non piangerò no io non verserò una lacrima fino a quando tu rimani, rimani accanto a me.
… Ci sono momenti nella vita in cui proviamo sensazioni dentro di noi che non riusciamo a tradurre in parole e ad esprimere facilmente. A ritrasmettere. E’ questione di attimi…
Poi le riviviamo nell’ascolto di una melodia o nel fare nostro un testo di una canzone incrociata casualmente. Magari di una canzone sentita spesso, ma sulla quale non ci siamo mai soffermati a pensare. Salvo cantarellarla distrattamente, senza conoscerne il profondo significato.
Quello sopra riportato è un esempio in cui, oltre 60 anni fa, veniva valorizzato l’amore vissuto nella sua forma più semplice e al tempo stesso autentica.
Stare insieme, condividere e aiutarsi specialmente nei momenti difficili, che è normale ci siano nella vita di ognuno di noi.
Non è normale che non riusciamo a cogliere questa grande opportunità di “essere insieme”.
Non è questo un ingrediente fondamentale del cosiddetto Amore?
Amore che si può declinare nelle parole “accanto” e “stammi vicino”, e che, per me, non sono solamente richiami alla vita sentimentale o di amicizia, ma rappresentano anche una forte ispirazione alla vita di comunità.
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Brano: traduzione da Stand by me, testo interpretato da Ben E. King (1961) scritto da Ben E. King, Jerry Leiber e Mike Stoller
Metti cinghie di cenere al ventre dei monti e denti formidabili alle gole dei monti.Polipo pietrificato.
Quando passammo le ferie presso l’Isola d’Elba, molti anni addietro, al ritorno portammo con noi alcuni germogli di agave, pensando di non fare una cosa brutta e di coltivarli da noi, in Veneto. Pensavamo che non saremmo tornati sull’isola di lì a poco. Invece poi tornammo ancora, non si poteva non farlo. La piccola isola, vicina alla terraferma toscana è ancor oggi un piccolo gioiello naturale di storia e bellezze naturali.
Noi avevamo base a Capoliveri, in un’area attrezzata ampia, ordinata, tranquilla, immersa nella natura selvaggia vicino a due spiagge altrettanto selvagge e uniche per bellezza delle acque e dell’immediato entroterra che appariva poco stabile e tenuto in piedi da un’imponenti vegetazioni e tra queste grandi agavi che sembravano mettersi in mostra spiovendo verso la stretta fascia di terra che le separava dal mare. Era un paesaggio complicato che ricordava le coste liguri e a tratti quelle del Conero.
Forse fu in quella circostanza, ma anche nell’accorgersi che dove abitavamo eravamo circondati da queste piante, forse fu rendersi conto che tutta l’isola, compresa la zona mineraria di Monte Capanna, ne era diffusamente arredata, che ci sentimmo attratti, io soprattutto, dalle agavi.
L’Elba è stupenda. Lo è anche per quanto detto. Spero ci torneremo prossimamente.
In ogni caso i pochi minuscoli germogli in tutti questi anni si sono dati da fare.
I nostri vicini e alcuni parenti sono stati coinvolti nella coltivazione e oggi si vedono alcune belle agavi cresciute vicino all’entrata delle loro case.
Ciò che stupisce è che, da noi, le piante si sono generosamente replicate e oggi abbiamo nel nostro giardino, al netto di quelle donate, ben 16 agavi di varia grandezza.
Oltre a tagliare l’erba con cognizione di causa, come ho raccontato qualche tempo fa, amo fare un giardinaggio particolare. Amo per esempio replicare le piante. Non tutte, soltanto alcune. Tra queste amo replicare le agavi.
Recentemente ho osservato a lungo alcune di esse. Mi è piaciuto coglierne i particolari, la loro crescita lenta e le lunghe foglie carnose.
A parte le caratteristiche e le varie tipologie, ci si potrebbe fare un trattato, ho scoperto (1) che Il nome agave deriva dal greco “agauos” che significa meraviglioso; aggettivo che pare sia stato attribuito a un gruppo di piante dagli Spagnoli al momento del loro sbarco sul suolo americano al tempo di Cristoforo Colombo. Questa interessante pianta fu portata in Europa intorno al Seicento e sulle coste del nostro continente essa ha trovato clima e terreno così favorevoli da acclimatarsi con la massima facilità. Non contento ho cercato se esiste una simbologia, e qui ho trovato degli spunti interessanti che possono lasciare sorpresi e colpiti. Infatti se da un lato la pianta è simbolo di “sicurezza” provata o desiderata, essa rappresenta anche un forte monito a vivere appieno la propria vita. Ecco come viene spiegata la simbologia in un sito specializzato (2): Nel linguaggio dei fiori e delle piante il fusto contenete i fiori dell’agave simboleggia la sicurezza, regalare una pianta di agave ad un amico significa che si considera il sentimento di amicizia sicuro e fermo, desiderio di un’amicizia eterna. Il significato di eternità e sicurezza prese vita nel corso dell’800 e fu legato al fatto che questa pianta, data la sua maestosità, non porta alla mente nessuna immagine di distruzione o morte. L’agave ha, però, un altro significato, dovuto alla particolarità di fiorire una sola volta prima di morire, rappresenta infatti un amore talmente grande che può arrivare alla distruzione.
Ma non è tutto. Ci sono molti componimenti dedicati a questa pianta. E autorevoli. Oltre a Lorca, anche Montale e Primo Levi hanno composto dei versi (3). Nel primo caso il poeta soffre il suo “essere fermo e arroccato”, pur aggrappato su una roccia, temendo il fuggire della vita. Nel secondo caso, pur protetto l’uomo si sente al sicuro ma sente comunque di essere predestinato, e questa cosa gli è di difficilissima comprensione.
Beh, cara agave, c’è di che meditare …
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Citazione: da Agave di Federico Garcia Lorca (da Poema del cante jondo)