Le cause dell’indifferenza sono molto diverse e non è possibile arrivare ad una definizione uguale per tutti.
In realtà ogni atteggiamento indifferente degli umani può avere in comune l’inibizione delle emozioni.
Tali circostanze non adrebbero giudicate, ma ogni volta osservate, ascoltate, accolte.
Tra le più note ci sono, secondo approfonditi studi, la necessità di difendere se stessi verso un coinvolgimento emotivo eccessivo e magari difficile da accettare e sostenere, altre volte vi è un reale calo dell’attenzione verso l’altro, non espresso, che sfocia nella freddezza al fine di mostrare il distacco, o ancora può esserci una necessità di trovare un proprio spazio e creare una distanza dall’altro.
Ci sono poi tanti casi in cui vi è maggiore complessità derivante da un desiderio di arrecare danno all’altro e sofferenza. Per ritorsione …
In ogni caso scoprire la causa dell’indifferenza permette a chi ne è destinatario di comprendere meglio ciò che sta alla base e ridurre il senso di colpa e di disagio.
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Citazione e testo:spunti da Psicologia dell’indifferenza – Crescita personale
… se Paradiso unisce l’intelligenza dell’uomo all’intelligenza della natura …
C’è una città che mi fa sentire a casa ogni volta che ci torno. Ci sono andato tante volte, ho perso il conto. Da solo, in coppia, in compagnia. Ogni volta andarci è come pensare ad un Paradiso. Ripartire dispiace ma non troppo perché senti che ci ritornerai presto.
Oggi il solo pensiero di Assisi mi fa sentire a casa. Nonostante la lontananza. I ricordi sono vividi. Ci sono stato come visitatore e turista, come fervente religioso, come fervente scettico, come dubbioso, come ricercatore di qualcosa di autentico e di superiore, come distratto camminatore, come ispirato meditatore.
Sto scrivendo queste cose e sento dentro di me non solo il desiderio di tornarci presto, ma anche la certezza che entro l’autunno ci tornerò.
Assisi: Francesco è sempre qui, diceva una nota giornalista di turismo. (1)
Eppure Assisi mantiene intatta la sua particolarità di piccola città mondiale della fede e dei valori universali. In effetti tutto in questa città di neanche 30.000 abitanti, il cui nome pare derivare dal nome del torrente che l’attraversa (2), è costruito e vive attorno a quanto ha lasciato il “poverello” ed è impossibile non restarne coinvolti, sia che si creda sia che non si creda. Direi anche sconvolti se ci si immedesima solo un po’ nelle sue tracce.
E’ anche straordinaria la fusione tra arte e religione, come anche tra natura e spirito: in tante chiese e in tanti eremi e conventi, nonché nel recente nuovo “Bosco di San Francesco”, vi si possono trovare moltissimi spunti di riflessione e meditazione.
E dopo il viaggio quello vero, quello dentro di me stesso, come sempre, corro al ristoro, come quello di chi torna a casa, e pensa alla strada che ha percorso e a quella, lunga e impegnativa, che deve ancora affrontare.
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Citazione: da Cambiamento Sociale oggi, di Gianni Faccin – Note ispirate da Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto ed. Marsilio
Immagini: Terzo Paradiso in Bosco di San Francesco Assisi – by GiFa 2018
Testo: da Ora ti ascolto … e poi? – di Gianni Faccin – Gedi 2022
Note: (1) Monica Guerrieri – TCI; (2) Wikipedia: La città umbra ebbe il nome di Asisium e fu monumentalizzata a partire dal II secolo a.C. Nell’89 a.C. divenne municipium e fu un importante centro economico e sociale dell’Impero romano. Il suo toponimo ha origini prelatine, e conservando un’incerta etimologia, viene interpretato in due differenti modi. Città del falco, o dell’astore oppure dalla base latina ossa ovvero torrente con ovvio riferimento al fiume Assino.
Mentre vivi il tempo adulto … non dimenticare mail il tempo del primo amore, quando il tuo cuore udì parole diverse ed eterne, gli occhi videro un altro sguardo. Perché non è bugia, è solo lontano.
Mi è capitato spesso di pensare agli anni della giovinezza con un certo stupore mischiato a curiosità. Come mi è capitato recentemente nel prendere in mano un vecchio portachiavi d’argento. Un ricordo importante che mi ha riportato ai miei 19 anni.
Distanza non distanza.
Era d’estate, di quelle normali, caldo, ma non devastante. I vestiti un po’ bagnati di sudore, ma non per il caldo. Il motivo era ben altro. Era il giorno del mio compleanno e un gruppo di amici mi festeggiava con ardore e grande affetto, seppur con un certo rispetto, perché conoscevano la mia timidezza ben visibile, ben evidente. E io sapevo di questa loro cautela come sapevo che li amavo e che mi amavano.
Il mio sudare dipendeva dalle emozioni che provavo e che son felice di aver provato e un po’ riconosciuto.
Oggi dire 1976, l’anno in questione, è un po’ come quando in quei tempi si diceva 2023, un anno che sapeva di universale, lontanissino, di altri pianeti, di esplorazioni spaziali. Insomma dire oggi 1976 mi pare di essere un pochino fuori dal mondo. Eppure è lì, per quanto lontano.
Se ripenso a quell’anno, ai miei 19, e riprendo in mano il vecchio, ma ancora lucido, portachiavi rivedo anche uno sguardo dolce, attento, uno sguardo tenero e al contempo di attesa. E’ da quello sguardo e dagli sguardi che precedettero quel momento e che inevitabilmente lo seguirono, che oggi posso dire di vivere un tempo adulto sì, ma un tempo che pur lontano è vicino. Indimenticabile. Irripetibile. Uno sguardo che tuttavia si ripete da oltre quattro decenni. Uno sguardo attualissimo partito da lontano. Uno sguardo autentico che attira gli occhi e al contempo il cuore all’unisono.
E’ il tempo dell’amore, che veramente non ha età.
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Citazione: da La comunità fragile di Luigino Bruni – Città nuova ed. 2022
Immagine in evidenza: Sguardo misterioso al sole by GiFa 2022
Verde come i tuoi occhi.
Occhi spesso malinconici, quasi tristi.
Occhi sognanti.
Occhi attenti e stanchi.
Occhi svegli mai sazi di novità.
Occhi che scrutano.
Occhi blu con lampi gialli.
Occhi che cercano e che chiedono.
Occhi trepidanti d'attesa.
Occhi stupendi che si stupiscono.
Occhi amorevoli.
Occhi che sempre accarezzano.
Occhi mai distanti.
I tuoi occhi.
Verdi occhi.
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Citazione: by John Fletcher, scrittore e drammaturgo inglese
Il modo migliore per realizzare un sogno è quello di svegliarsi
E’ sempre stato un desiderio. Sogno di sognare è anche un’esperienza e riconosco che la vivo più di frequente da qualche anno.
Come qualche giorno fa, solitamente me ne rendo conto di primo mattino, essendo il vissuto ancora caldo. Ed è autentica serenità …
Eravamo noi in un tempo senza tempo. I nostri sguardi si incontravano di continuo, pur in mezzo a tante persone, in genere indistinte. Tu in dolce attesa anche senza evidenti prove, anzi non si sarebbe detto. Ed eri presa dai sentimenti contrastanti di fastidio e di felicità, perché era una fase impegnativa ma ci tenevi ad essere due in uno.
Io ti guardavo e mi pareva di essere inesistente. Ma ti guardavo e guardavo, senza stancarmi, le tue mosse e i tuoi riguardi. Eri allegra, vivace e responsabile. Ti muovevi con grande leggerezza.
Eri tutta proiettata sul futuro, sul nostro futuro e in particolare su di lui che stava, lentamente, arrivando.
C’è stato un seguito, ma, come spesso accade, non resta ben presente oppure viene interrotto dal risveglio.
E’ rimasta una bellissima sensazione di serenità intesa come tranquillità dell’animo. Sensazione rafforzata poi dalla riscoperta – ennesima – del seguito che corrisponde ad eventi veri, concreti, noti.
Ed è qui che la sensazione si è tramutata in gioia profonda.
…molti di noi cercano la comunità solo per sfuggire alla paura di essere soli. Saper essere solitari è fondamentale nell’arte di amare. Quando possiamo essere soli, possiamo stare con gli altri senza usarli come mezzo di fuga.
Ci sono almeno due facce della stessa medaglia, se guardiamo alla “solitudine”.
La parte di sofferenza e la parte di piacere o di gioia. Si compenetrano senz’altro, sono in competizione oppure si integrano, ma si possono anche ben distinguere. Dipende molto da come viviamo l’esperienza dell’essere soli in un dato momento della nostra vita.
Ci sono cose che viviamo dentro di noi che si costruiscono e si sedimentano nel nostro intimo in rapporto a quello che ci succede, per come siamo trattati o considerati. Usati o coinvolti. Pensati o richiesti. Esclusi o ignorati. Ma anche e soprattutto per quel che pensiamo di noi stessi.
E’ sicuramente importante nella vita degli essere umani la dimensione della solitudine.
Un filosofo (1) disse: La solitudine è la condizione umana. Coltivatela. Il modo in cui essa si insinua in voi permette alla vostra stanza dell’anima di crescere. Non aspettatevi mai di superare la solitudine. Non sperate mai di trovare persone che vi capiscano, qualcuno che riempia quello spazio. Una persona intelligente e sensibile è l’eccezione, la grande eccezione…
E la solitudine pesa, fa soffrire o ti fa accorgere di soffrire, oppure dà forza, benessere e voglia di rinnovarsi e di ripartire…
Alcuni importanti autori dissero: Dobbiamo diventare così soli, così completamente soli, che ci ritiriamo nel nostro intimo. È un modo di soffrire amaramente. Ma poi la nostra solitudine viene superata, non siamo più soli, perché scopriamo … (2) – Per vivere una vita spirituale dobbiamo prima trovare il coraggio di entrare nel deserto della nostra solitudine e di cambiarla con sforzi dolci e persistenti in un giardino di solitudine … (3) – Se sei solo, appartieni completamente a te stesso. Se sei accompagnato anche da un solo accompagnatore, appartieni solo per metà a te stesso… (4) – Non puoi sentirti solo se ti piace la persona con cui sei solo... (5) – Devo stare da sola molto spesso. Sarei molto felice se passassi dal sabato sera al lunedì mattina da sola nel mio appartamento. È così che faccio rifornimento... (6).
E si potrebbe continuare. Ognuno ha la sua motivazione e anche per ognuno di noi è così. Non siamo arrivati su questo pianeta per essere isolati e vivere senza relazioni, anzi. Siamo impostati per le relazioni. Abbiamo bisogno degli altri e gli altri hanno bisogno di noi.
Ma ci serve assolutamente trovare spazi per noi, anche e preferibilmente in solitudine.
Per ripartire e per scelta.
Fa male sentirsi rifiutati e rigettati dalla gente
Per tutto o per niente ma in fondo il perché non è importante
Ci si sente feriti, usati e poi gettati via
Ci si sente traditi come bambini abbandonati
Ho bisogno di un rifugio, di rifugio da me stesso
Si sopprattutto da me stesso e ne ho bisogno proprio adesso
Da una donna o da un amico, dalla mamma o dal marito
Da un amore ch'é finito male, da un figlio che non vuole più tornare
Lo so ti senti solo
A volte così solo
Anch'io mi sento solo
Solo come te
Per uno sbaglio nel tuo passato, un piccolo errore da niente
Che quasi ti era uscito di mente, ora ti senti condannato
E vorresti essere forte o magari vorresti essere morto
Perché così fa troppo troppo male, no così non può continuare
Hai bisogno di un rifugio, di rifugio da te stesso
Ma guardati come sei messo, ti sta crollando il mondo addosso
E ti senti così perso, come un cucciolo sull'autostrada
E sei così spaventato che oramai ci hai quasi rinunciato
È che a volte ci raccontiamo storie e ci gonfiamo delle nostre parole
Per poi ritrovarci prigionieri delle bugie che dicevamo ieri
Ci allontaniamo dalla gente per paura di essere sinceri
Per non mostrar le nostre debolezze nemmeno agli amici più veri
Se ti senti troppo vecchio, troppo vecchio stanco e consumato
Guarda a me come in uno specchio anch'io lo sono stato
Solo tu puoi farcela ma credimi non puoi farcela da solo
Anche tu hai bisogno degli altri e forse gli altri hanno bisogno di te
E non sarai più solo
Ormai non sei più solo
Ma se ti senti solo
Vieni da me
Citazione da frasi di: Bell Hooks (scrittrice)
Foto by GiFa: Innanzi all’alba – innanzi a te – Grado febbraio 2021
Riferimenti nel testo da frasi di: Criss Jami (1), Hermann Hesse (2), Henri J.M. Nouwen (3), Leonardo Da Vinci (4), Wayne W. Dyer (5), Audrey Hepburn (6)
Versi di Eugenio Finardi da brano Come in uno specchio da album Il vento di Elora 1989
L’amore non è cieco. L’infatuazione è cieca. L’amore vede tutto e accetta ogni cosa.
La vedevo tutti i giorni andando a scuola
Non sono mai riuscito a dirle una parola
La guardavo camminare da lontano
Con i suoi capelli biondi ed i libri in mano
Non ricordo neanche più che faccia aveva
Ma l’odore della nebbia di mattina
Quando mi vestivo in fretta per far prima
E fingere di essere lì per caso quando usciva
Io cercavo di attirare la sua attenzione
Ma ero un bambino goffo e non sapevo come
E poi c’era un tipo che si chiamava Sansone di cognome
Che aveva gli occhi verdi e giocava da Dio a pallone
Aveva gli occhi verdi e la pelle scura
E la faccia di uno che non ha avuto mai paura
Che giocava ancora meglio se sapeva che lei guardava
E le brillava lo sguardo quando gli sorrideva
Penso che ci siamo passati in tanti. Sono anche sicuro che per molti si è anche ripresentato in età meno adolescenziali, anagraficamente parlando.
Come che sia, queste sono esperienze importanti in cui si inizia più consapevolemente a contattare le proprie emozioni e a scendere a patti con loro.
Sono periodi della vita che ci fanno vivere fuori dalla realtà e a crederci super eroi. Ma molto possiamo imparare da queste situazioni, perchè ci si mette a trattare direttamente con la propria autostima, con le proprie aspettative e con il contesto in cui siamo immersi, fatto di regole, principi, bisogni degli altri e presunti ostacoli, i più vari, che paiono sbarrarci la strada rispetto a quanto desideriamo.
Soprattutto ci si trova a dialogare con le parti più nascoste di noi stessi, con l’essenza di noi, questa sconosciuta, e si impara a darle spazio e a riconoscerla.
Sono talmente intense le emozioni dei tredici anni che in età adulta se ne può aver paura oppure, anche con timore, ci si trova ad accettare di replicare quelle esperienze.
Si sperimenta, sotto ogni punto di vista, magari oggi più di ieri. Ma è inevitabile e necessario.
Si impara ad amare, e si può anche capire che l’amore vero non è la fase di innamoramento, per quanto sia bello e necessario viverlo.
… L’amore non dà nulla fuorché se stesso, e non attinge che da se stesso. L’amore non possiede né vorrebbe essere posseduto, poiché l’amore basta all’amore…
Parlando ancora di Amore, c’è una brano di uno dei miei cantautori preferiti che mi ha sempre affascinato e colpito, lasciandomi spesso nell’incanto e nel dubbio.
Non mi è mai capitato di poter riferire parole tanto delicate e vere a diversi amori, ovvero a diverse situazioni relazionali.
Il brano che segue è riportato per intero perché non mi sento di escludere qualcosa.
I versi potrebbero essere rivolti alla compagna, al figlio piccolo, alla madre anziana, all’amico fragile, alla sorella più piccola …
Nel ripeterli lentamente a voce alta mi commuovo ogni volta.
E credo di capire perché …
Oh sì ti stringerò e mai niente ti farà del male
Io ti accarezzerò e poi ti cullerò per farti addormentare
E ti canterò canzoni di forti emozioni quando fuori tuona il temporale
E sempre ti sussurrerò quelle dolci parole che so ti fanno stare bene
Sarà un amore diverso grande come l'universo che il tempo non potrà toccare
Farò una casa di cartasu un'isola deserta dove il vento verrà a giocare
E una finestra sempre aperta per chi sa volare che da noi possa arrivare a riposare
E ho braccia forti e larghe spalle per poterti meglio abbracciare
E se fa freddo la notte col mio corpo ti potrai scaldare
E dopo ore e ore e ore d'amore sul mio petto ti farò dormire
E sognerai di ballare a tempo col mio cuore e il sole ti verrà a svegliare
Sarà un amore diverso grande come l'universo che il tempo non potrà toccare
Piccole cose da riscaldare grandi aquiloni da far volare
E sarà sempre un nuovo gioco per tenere acceso il fuoco
Nel lungo tempo da venire piccole pietre da trasportare e da seguire per ritornare
Io ti proteggerò ...
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Citazione: da Parlaci dell’Amore di Kahlil Gibran – Il profeta
Immagini by Pixabay: proteggere e sognare
Versi: brano Amore diverso di Eugenio Finardi da album Nel blu 1983
La vita non si misura attraverso il numero di respiri che facciamo, ma attraverso i momenti che ci lasciano senza fiato.
Fu un anno molto particolare. Per gioie e dolori. Un anno di quelli che difficilmente si dimenticano e che ancor oggi fanno emozionare.
E il 14 luglio è una data importante per me, per noi.
In quell’anno, tra tanti sentimenti ed emozioni ci fu anche spazio per un soggiorno all’estero che ci emozionò in modo speciale.
Otto giorni, non di riposo, ma vissuti anch’essi intensamente, questa volta in una delle capitali più note, frequentate, nominate, spesso a sproposito, eppure così stimolanti ed intimistiche.
Era di luglio e faceva caldo.
Non era la prima volta che ci andavamo e non fu l’ultima. Ma in quell’occasione ci abbandonammo, anche senza renderci conto, alla vita sociale, sotto tutti i punti di vista.
Vorrei dire in maniera quasi compulsiva: volevamo vedere tutto, vivere ogni momento tipico della città. Esserci anche a scapito delle ore di riposo.
All’aperto si respirava un’aria frizzante di grande libertà. Le persone che incrociavamo erano estranee ma ci parevano conosciute. Specialmente nei café o nei bistrot, seduti vicini, vicini, pur provenendo da mondi lontani e diversi. Parlare e parlare, mangiare, bere e sorseggiare. E ancora parlare e osservare. Poi improvvisamente andare, per fermarsi altrove ad ammirare, osservare e chiacchierare. O semplicemente lasciarsi andare a pensare in leggerezza.
Tutti uguali e fratelli? Perché no? Certo non ci ponevamo questa domanda, né cercavamo risposte, desideravamo soltanto tuffarci nella mischia ed esserci.
Eravamo molto ben accompagnati, con Chiara e Nicola che erano in vacanza.
C’era affollamento, un grande affollamento che oggi ci sogneremmo.
Continuo a tutte le ore, a terra, in aria e sottoterra. Anzi sotto di noi percepivamo un altro mondo fatto di moltissime persone che andavano e venivano, senza sosta. Era la città sotterranea comune a molte capitali, ma che a Parigi è senz’altro tutta particolare. Una città sotto terra, viva, in movimento inesauribile, pullulante di persone dalle più svariate origini. Esempio, questo, della presenza di chiari contesti multiculturali.
Se ci fossimo, come è poi successo, elevati sulla cima della Tour Eiffel, avremmo visto, guardando giù nelle profondità – dentro alla Metro – una specie di grandissimo formicaio … Credo questo rendi l’idea.
Furono otto giorni di festa.
Fu specialmente festoso il 14 luglio, noto per la festa nazionale che si svolge in Francia dal 1880, in seguito alla “presa della Bastiglia”. Cadde di sabato, e già il venerdì sera, complice la pausa lavorativa, iniziarono i festeggiamenti in tutte le case e per le strade. Non fu solo l’alcol a fare la parte del protagonista, ma molti giovani e adulti, uomini e donne, ci dettero dentro a festeggiare senza limiti. Quasi ci fosse da perderci qualcosa.
Era una festa di tutta la collettività.
Facemmo da cornice a questi festeggiamenti, ma fummo dentro anche noi, a modo nostro. Camminammo molto.
Ci piacque moltissimo – durante il giorno – partecipare alle parate militari al gran concerto del 14 luglio al Champ de Mars, davanti alla Torre Eiffel.
Ma fu stupendo, la sera, dopo il concertone, sotto le zampe metalliche e giganti della torre, immergerci nel fiume umano che faceva concorrenza alla Senna. Ascoltammo, in super amplificazione, Chopin, Mozart, Bizet, Beethoven, poi Morricone e molti altri. Alla fine ci furono dei grandiosi ed interminabili fuochi d’artificio.
Ogni scia di fuoco nell’innalzarsi accompagnava meravigliose melodie musicali le cui note parevano scaturire dalla folla sottostante in movimento.
Era una scenografia fantastica dalla quale ci si sarebbe staccati con difficoltà. Anche la torre più famosa del mondo, che pareva di fuoco con i suoi 20.000 flash, vibrava con la musica.
La notte pareva non aver fine. Le luci non mancavano mai. Fu bellissimo perderci e ritrovarci in mezzo alla folla festante. Non c’erano differenze di genere, d’età, di cultura o di altro.
Fu in quegli attimi che perdemmo nuovamente contatto tra noi, ma ci ritrovammo subito dopo.
In quegli istanti non eravamo soli o smarriti. Eravamo con la nostra gioia, che la faceva da padrone. Eravamo in sintonia col mondo.
Alla fine decidemmo di rientrare seguendo il tragitto della Senna che – grande serpentone nero – si intravedeva di fianco a noi.
Momenti memorabili.
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Citazione: Maya Angelou, poetessa
Foto by GiFa luglio 2007:
.in evidenza “Ai piedi della T. Eiffel 1” –
.sotto: “Ai piedi della T. Eiffel 2” e “Momento di ristoro aspettando il concertone con Chiara – Rosella – Nicola”
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OLYMPUS DIGITAL CAMERA: “Ai piedi della T. Eiffel 2”
OLYMPUS DIGITAL CAMERA: “Momento di ristoro aspettando il concertone con Chiara – Rosella – Nicola”
Dalla nascita l’uomo porta il peso della gravità sulle spalle. Ma sotto la superficie dell’acqua siamo liberi.
In quegli anni si andava tutti insieme al mare. Qualche volta con la famiglia allargata e qualche volta solo noi tre, meno frequentemente.
Coppia affiatata con un figlio che cresceva a vista d’occhio.
Si riusciva ogni tanto a fare le vacanze senza presenze di altri, amici o parenti, trovando una dimensione intima e decisamente calda tra noi, perché andavamo d’accordo, anche se non su tutto.
Ma il mare non era più quello di un tempo, era un mare speciale, non vicino alla nostra laguna, anzi lontano, e famoso per le acque cristalline e la bandiera blu.
Era un mare che lambiva le coste di centro Italia o meridionali. Coste di regioni a noi poco note.
Fu in una di quelle volte, che imparammo una cosa inaspettata e decisamente straordinaria.
Partecipammo ad un corso breve di immersione subacquea.
Ci trovavamo in Puglia, alle Isole Tremiti, e i timori ci inchiodavano nell’aderire al corso.
Eravamo entusiasti ma assai intimoriti. D’accordo sapevamo nuotare, ma non eravamo dei provetti. E poi immergersi così non era da tutti i giorni.
La follia di fare una cosa fuori dagli schemi, un po’ estrema per noi, essendo neofiti, ci ha spinto a non escludere l’invito che gli organizzatori avevano rivolto ai turisti di turno. E successivamente ad aderirvi, perché non si può sapere ed apprezzare se non si prova.
Mia moglie decise di non partecipare, accontentandosi di fare nuoto di superfice usando maschera e boccaglio, con l’unico scopo di osservare il fondale marino e la rispettiva fauna.
Noi due invece andammo avanti, incoraggiandoci l’un l’altro. Dopo le lezioni di teoria, molto dettagliate ed interessanti, ci immergemmo guidati da una tutor molto brava e gentile.
Ricordo che, stando tra noi, ci teneva per mano perché voleva essere sicura della buona riuscita della prima esperienza in profondità.
Le bombole pesavano e facilmente ci accompagnarono a circa 20 metri sotto.
Fu bello e difficoltoso stare in equilibrio a quella profondità e contemporaneamente gustare quanto ci circondava e ci passava davanti agli occhi.
Fu anche triste ritornare in superficie, e nel contempo stupendo poter fare questa esperienza insieme. Non la dimenticheremo mai.
Fin qui la descrizione della circostanza.
In me rimane molto chiaro il ricordo di aver vissuto, per circa un’ora, quella sensazione di stare in una bolla quasi silenziosa in cui si potevano udire solo i nostri respiri collegati al respiratore e le bolle d’aria che venivano espulse. Era una bolla che sembrava un altro mondo, il cosiddetto mondo silenzioso (*) descritto da noti esploratori subacquei.
Che emozioni!
Ricordo la gioia di far parte di quella piccola spedizione, di poterlo fare insieme a mio figlio. Ricordo la paura che ci potesse succedere qualcosa e, nello stesso tempo, il senso di calma al pensiero che eravamo scortati da una brava sub.
A parte tutto ciò, il ricordo oggi più forte, molto gradevole, è quella sensazione di libertà per essere in profondità sotto la superficie d’acqua, poter vedere dei fondali bellissimi e sentire una piacevole distanza da tutto il mondo noto.
Non perché uno specifico allontanamento fosse necessario, ma per la possibilità di una pausa speciale, condita da aspetti di novità e di scoperta in un contesto naturalistico di prim’ordine.
Oggi non so ancora se provai soltanto io quelle emozioni e quelle sensazioni. Quello che so è che ritornando a fare “snorkeling” tutti e tre riprendemmo ad immergerci con una nuova consapevolezza.
Non soltanto nuotare, ammirare, esplorare, spingersi giù a scrutare da vicino, ma anche ricercare quella “bolla silenziosa” che può meglio contenerci, mettendoci in una situazione di calma in cui contattare le nostre emozioni primordiali, e ritrovare noi stessi.
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Auspicio: “possiamo presto tornare al mare e vivere le stesse emozioni”
Citazione: Jacques Yves Cousteau
Immagini: Pixabay – Immersioni subacquee I e II
Riferimenti: Il mondo silenzioso, J.Y. Cousteau – Frédéric Dumas – Oscar Mondadori (*)