La vera distanza sociale è quella che indica le disuguaglianze.
Quanto è capitato al nostro pianeta e ai suoi abitanti, da circa un anno a questa parte, ha posto in evidenza il tema delle “distanze”. Considerando distanze gli effetti dell’allontanamento fisico tra le persone e le genti. Un allontanamento a tratti caldamente consigliato, indicato, sollecitato e molto spesso reso – più o meno chiaramente – coattivo da norme e decreti. E questo in tutto il mondo, o quasi.
È il cosiddetto “distanziamento”. Ovvero l’atto e l’esito del distanziare che contiene anche le modalità con cui si distanzia qualcosa o qualcuno.
I concetti, usati anche a sproposito, di “distanziamento sociale” oppure, usati in modo corretto solo da alcune fonti, di “distanziamento fisico”, mal rappresentano, ad uno sguardo ampio, quello che è successo e che sta succedendo sempre di più in tema di “distanze”. E che è molto grave, forse più della pandemia.
Certo, non si possono trascurare le gravi conseguenza del virus, in termini di sofferenze fisiche, di morti, di aggravamenti e in termini di disagi, di paure, di angosce e separazioni relazionali (tra generazioni e tra reti parentali e amicali).
Ma non si possono sottacere e lasciar passare come niente fosse i fenomeni che comportano, dati alla mano, un forte distanziamento tra persone e genti dello stesso pianeta. Che il Covid-19 sta facendo accelerare.
Mi riferisco alle disuguaglianze sociali.
Citando la rivista Rocca del novembre scorso, risulta che esiste un distanziamento sociale, che cresce a dismisura, ma che non è quello raccontato tutti i giorni dai media e dai social. “La vera distanza sociale è quella che indica le disuguaglianze”.
Del Covid-19 si continua a parlare come di una delle cause principali della crisi economica in essere e che crea malessere sociale. Ma non è così per tutti.
È vero, come spesso è stato dichiarato, che si allungano le code all’ingresso delle mense dei poveri, ma è anche vero che cresce notevolmente la ricchezza dei ricchi.
Se da un lato la cosa prevedrebbe un aumento del gettito fiscale, a favore di maggiori servizi per la comunità, in realtà questo non avviene, anzi si verifica il contrario grazie alle agevolazioni messe a disposizione dai governi e l’acquisizione – da parte dei soggetti – di consulenze utili a ridurre l’impatto fiscale personale o aziendale.
Dai dati ufficiali risulta che, solo negli USA, tra marzo e metà settembre dello scorso anno, nel mezzo della pandemia, mentre 643 persone vedevano aumentare il proprio patrimonio di 845 mld $, i lavoratori, circa 50 milioni di persone, perdevano il lavoro. Di questi, 14 milioni sono ancora disoccupati. Secondo la banca d’affari italiana più importante, alcuni nomi mondiali del web, pur accrescendo a dismisura i propri utili, sono riusciti a pagare quasi 50 mld $ di imposte in meno negli ultimi cinque anni. Se guardiamo al nostro Paese potremmo avere grandi sorprese.
Infatti ci sono i soliti nomi importanti che si avvantaggiano delle leggi esistenti permissive, dalle quali si sviluppano contratti diffusi e di fame (cococo a 700 al mese).
È anche per questo che, come risulta dai dati disponibili, poco più di 2150 persone/società nel mondo detengono il 60% della ricchezza globale. E questo gruppetto di persone ha più denaro di quanti ne detengono tutti insieme 4,6 miliardi di abitanti del pianeta.
Forse, per dirla ancora con Rocca, “se venisse aumentata la fiscalità sull’1% dei più ricchi applicando mezzo punto percentuale, si potrebbe in un decennio sostenere l’attivazione di 117 milioni di posti di lavoro nell’educazione e nell’assistenza- cura”. E non soltanto questo.
Ma pare non sia questa la “normalità”.
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Citazione: Milena Gabbanelli
Fonti e ispirazione: Toni dell’Olio – Distanze (Rocca 1/11/2020) – Milena Gabbanelli – Fabrizio Massaro (Corriere della Sera 18/10/2020) – Rapporti Mediobanca – Rapporti Ong Oxfam
Foto by Pixabay: Differenze sociali