Torno a parlare di panche e panchine e con questo pezzo chiudo la serie …
Una mattina, al mio risveglio, mentre preparavo il caffè, notai come la vecchia panca ancora in buono stato, si fosse leggermente spostata dal suo posto abituale, vicino ad un albero amico, forse per prendere una pausa. Non mi sono preoccupato della cosa perché è capitato spesso che qualcuno la spostasse di qualche metro per trovare una migliore posizione panoramica. E’ divenuta una consuetudine che si ripete ormai da anni annorum.
Sta di fatto che da qualche tempo un tagliaboschi lavorava a ripulire lo spazio circostante e confinante con il sentiero che dà accesso al bosco ceduo di pini e abeti. Ogni giorno alla stessa ora, quando mi accingevo a preparare la moka per il caffè, iniziava il lungo e intermittente lamento della motosega, certamente un fastidio da vicino, ma una simpatica compagnia sonora da lontano che comunica che “c’è attività, ergo c’è vita”.
E’ bello osservare come quel sentiero, dapprima libero e distinguibile da lontano, si addentri dolcemente nel folto della boscaglia che gradatamente diventa come una grande parete rocciosa frastagliata e colorata di verde di svariate lucenti tonalità, man mano che si alza il sole.
Recentemente sono successe alcune cose che mi hanno confermato quanto già pensavo in passato: anche le panchine hanno un’anima.
Circa dieci giorni or sono il taglialegna agì con forza sull’albero amico. Ne fece legna da ardere. Quella pianta, forse malata, non c’è più. Rimangono i suoi pezzi diligentemente accatasti nelle vicinanze a fare legnaia. Non me ne accorsi subito ma a cose fatte.
Dispiace quando avvengono fatti così definitivi, ma è il senso del “ceduo”. E poi mi sono chiesto: e la panchina sua compagna di vita?
Infatti anche la panchina non era più nella zona usuale, si trovava più in alto lungo il sentiero quasi all’imbocco del bosco. Nell’immediato mi è parsa una fuga, ma non volevo drammatizzare.
Senza tirare conclusioni ho deciso così di controllare la nuova escalation giorno per giorno, anche perché il punto in questione, pur essendo lontano, si trova ben visibile esattamente di fronte al mio punto di osservazione.
E’ così che oggi, mentre scrivo, siamo agli inizi di settembre, ecco una nuova sorpresa: la panchina è sparita, se ne è andata, ha cambiato posizione perché probabilmente non ha accettato l’affronto fatto all’albero amico e secondariamente a essa stessa.
Ho chiesto in giro. Chi mi ha preso sul serio stando al gioco ha detto che forse si è stufata di essere usata, di essere spostata a seconda dei comodi altrui. Di essere allontanata dal suo habitat naturale, di non essere rispettata nei suoi spazi personali.
Non stento a credere a queste possibilità, ma mi sembra più credibile che la vecchia panchina abbia cambiato idea e si sia spostata in altra zona ove vi fosse più sintonia tra le componenti della natura.
Legno chiama legno?
Il problema è che ora ci sono sempre meno persone sulle panchine?
Troppi segreti da portare? Infatti si dice che i parchi siano pieni di segreti: sentono le confidenze che si fanno gli innamorati, gli amici e le persone che si incontrano sulle panchine.
Troppe incisioni da far male? O troppe stronzate condivise?
Sopra la panca la capra campa? Sotto la panca la capra crepa?
Difficile da dire.
Io non so cosa sia effettivamente successo, però ne possiamo derivare che anche le panche nel loro legno hanno un’anima.
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Citazione e immagina a cura di GiFa2022