E noi … che possiamo fare?

La guerra non è uno spettacolo …

Inizio riprendendo parte di una citazione proposta nei versi di qualche giorno fa. Versi che mi hanno colpito profondamente portandomi a vivere i panni di chi viene “invaso”e a sentire dentro tutta l’inevitabile e conseguente impotenza.

La guerra non è uno spettacolo … che si guarda e si ascolta sul divano. Oppure che si combatte a colpi di tastiera o battendo sul display all’interno di una delle tante app. Se uno di noi sta sotto le bombe come succede alle nostre sorelle e fratelli ucraini … possiamo dire solo due parole: siamo con te! E fare almeno una cosa: esserci! Esserci in qualche modo.

Sentirci impotenti o incapaci rispetto a questa guerra come a tantissime altre in corso sul nostro pianeta, tenuto conto che questa ci è molto vicina essendo alle porte di casa, non ci fornisce alcun alibi per continuare a stare dubbiosi sul divano.

Dice la Treccani che impotenza è la condizione di chi o di ciò che è impotente, nei vari significati: a operare, a lottare, a tener testa al nemico; impotenza di un governo, delle leggi; riconoscere la propria impotenza di fronte alle forze della natura o alle avversità del destino …

Non è un bello stare il senso di impotenza. E’ uno stato di disagio. Uno stare che ci viene difficile riconoscere ed esprimere. Anzi quando lo riconosciamo lo spostiamo spesso dall’io al noi. Ed è interessante proprio in questo periodo registrare come alla domanda essenziale “e io che posso fare?” ci viene facile inserire il noi, come nel titolo del presente pezzo. E noi … che possiamo fare?

Forse quando avvengono eventi ritenuti fino ad un momento prima impossibili a realizzarsi, come una guerra vecchio stampo in piena Europa, condotta da personaggi senz’altro molto discussi, ma talmente resi divi dalla comune narrazione da divenire moderni protagonisti, pur dittatori, preferiamo non esporci in prima persona, ma riscopriamo il noi, che è un senso collettivo. Quel senso di comunità che pare essere stato gradualmente dimenticato nell’ultimo ventennio.

Quello stato di comune destino, pur con le notevoli divisioni e incomprensioni a livello planetario, tra nord e sud, est e ovest del mondo. Quello stare insieme diversissimi ma uguali. Quell’essere umani distruttori quasi consapevoli del proprio pianeta, ma anche desiderosi di dare speranza al futuro delle nuove generazioni. Impegnandosi anche molto, spesso tutt’altro che ben consapevoli di quanto stia veramente avvenendo. Per esempio in tema di clima e inquinamento, di deforestazione e emissioni nocive. Di progressivo impoverimento delle popolazioni a vantaggio di pochi. Di invecchiamento delle popolazioni e di deficit demografico, almeno in occidente.

E in questo scenario, con ancora presenti gli effetti di una pandemia, un grande paese europeo invade un altro paese europeo, più piccolo. Facendo uso della violenza delle armi. Abusando dell’altro, non parimenti potente. Imponendo al mondo nuovissime incredibili paure e ansie. Accusando di genocidio, ma praticandolo nello stesso tempo, in diretta. Facendo rimettere in movimendo gli investimenti in carbone e in armamenti.

Qualcuno dice: ritorno al secolo precedente, e più indietro ancora.

E noi che possiamo fare?

Noi che siamo impotenti nei fatti e che ci sentiamo impotenti di fronte a questa tragedia?

No, non siamo impotenti. Io sono convinto che possiamo superare il senso di impotenza, reagendo e facendo squadra partendo dal basso, dal piccolo, da sotto.

E’ importante darsi da fare e fare ognuno qualcosa che in qualche modo crei speranza negli altri e nel mondo.

Rimettiamo in moto la speranza.

Alla faccia dei guerrafondai, dei complottisti e di chiunque abiti comodamente il proprio delirio di onnipontenza.

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Immagine: by Pixabay, il delirante

Riferimenti: Enciclopedia Treccani e Introduzione (liberamente adattata) alla puntata del 4 marzo 2022 RAI Radio Uno Jack Folla, un dj nel braccio della morte – vedi pezzo https://abitandoladistanza.com/2022/02/14/a/


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